Dossier

Un viaggio nel sistema solare. Parte prima

L'interno del sole

Le stelle sono simili a centrali nucleari, nelle quali avviene una grande produzione di energia. Ma mentre nelle centrali odierne l’energia viene prodotta per fissione nucleare, cioè per rottura di elementi pesanti, il cui nucleo si caratterizza per un elevato numero di protoni e neutroni, nel cuore delle stelle l’energia viene prodotta per mezzo della fusione nucleare. Elementi semplici danno cioè luogo, grazie alle incredibili condizioni di temperatura e pressione, a elementi chimici via via più complessi. È quanto avviene anche all’interno del nostro Sole.

Nel nucleo l’idrogeno viene trasformato in elio secondo una serie di processi di fusione nucleare e da queste fusioni si ottiene una grandissima quantità di energia, che tiene accesa la nostra stella ed esercita una pressione sugli strati più esterni del Sole, impedendo così all’astro di collassare.

Ma come studiare l’interno del Sole? Per mezzo della fisica nucleare, i cui studi ed esperimenti vengono condotti in speciali laboratori terrestri come gli acceleratori di particelle e con l’eliosismologia, una tecnica che studia le piccole oscillazioni di pressione e di gravità a cui va soggetta la nostra stella e in base a esse ne traccia una mappa interna, un po’ come fanno i sismologi quando analizzano il modo con cui si propagano le onde elastiche generate da un terremoto.

Si pensa così che il nucleo del Sole misuri circa 140.000 Km, cioè quanto il pianeta Giove. È qui che avvengono le reazioni nucleari e che l’idrogeno si trasforma in elio; ogni secondo il Sole trasforma 564,5 milioni di tonnellate di idrogeno in 560 milioni di tonnellate di elio e consuma in questo modo 4,5 milioni di tonnellate di idrogeno al secondo! Per fortuna il Sole dispone di circa mille miliardi di miliardi di miliardi di tonnellate di idrogeno e quindi anche 4,5 milioni di tonnellate al secondo sono un’inezia. Esse si trasformano costantemente in energia (E) secondo la formula di EinsteinE=m·c2, dove “m” è la massa in gioco (in questo caso i 4,5 milioni di tonnellate di idrogeno) e “c” la velocità della luce nel vuoto (299.792 Km/sec) presa al quadrato. La materia si può cioè trasformare in energia, ed è quanto avviene all’interno delle stelle. Questa energia viene emessa sottoforma di raggi gamma (fotoni), la radiazione elettromagnetica in assoluto più energetica (a più alta frequenza), che iniziano il loro viaggio verso l’esterno. Ma vi è uno strato che avvolge il nucleo solare, speso circa 350.000 Km, in cui i fotoni gamma perdono tempo ed energia nel loro cammino verso la superficie perché vengono continuamente assorbiti e riemessi dal gas di questa zona del Sole, detta “zona del trasporto radiativo”. Un fotone può impiegare anche più di un milione di anni per emergere da quest’area. Ancora al di sopra, a circa 200.000 Km di profondità dalla fotosfera, ecco la “zona del trasporto convettivo” nella quale la temperatura diminuisce e il gas assorbe i fotoni provenienti dagli strati inferiori riscaldandosi a spese della loro energia e generando quei moti turbolenti che danno luogo alle celle di convezione. Esse trasportano l’energia verso la superficie e diventano poi osservabili sulla fotosfera sottoforma di granuli in perenne agitazione.

La reazioni nucleari

All’interno del Sole l’idrogeno si trasforma in elio secondo una complessa catena di reazioni nucleari. Per molto tempo l’origine dell’energia del Sole è stata un mistero; sia chi, nei secoli passati, immaginava un’immensa sfera di carbone in fiamme sia chi, ancora all’inizio del XX secolo, pensava a un’energia che derivasse soltanto dalla contrazione gravitazionale, si sono ben presto resi conto che il Sole avrebbe dovuto essere già spento da miliardi di anni se le sue fonti di energia fossero state di origine chimica o gravitazionale.

Nel XX secolo molti pensavano all’energia nucleare come a una possibile risposta ma nessuno riusciva a comprendere quali processi nucleari si potessero sviluppare. Una risposta convincente arrivò alla fine degli anni ’30 grazie al fisico tedesco Hans Albrecht Bethe: il Sole viene tenuto acceso dalle reazioni termonucleari che avvengono nel nucleo, secondo quelli che sono stati chiamati proprio “cicli di Bethe”, fra cui la catena protone-protone (oppure ancora p-p). Il Sole è composto essenzialmente da idrogeno, l’atomo più semplice che esista, il cui nucleo è formato da un solo protone. Per la grande temperatura che si sviluppa al centro del Sole questi protoni sciamano a velocità incredibili e può accadere che due di loro si scontrino vincendo tutte le difficoltà, in particolare la barriera di natura elettrostatica (sono entrambi carichi positivamente) che tenderebbe a respingerli. Il primo passo della “catena” è allora l’unione (la fusione) nucleare di due protoni, cioè di due nuclei di idrogeno, in un nucleo di deuterio, costituito da un protone e un neutrone. Inoltre la reazione produce anche altre particelle strane come un positrone e un neutrino. Successivamente il nucleo di deuterio si fonde con un protone e dalla loro unione nasce un nucleo di elio leggero (formato da due protoni e un neutrone) più una pioggia di fotoni, cioè di raggi gamma. Quando poi due nuclei di elio leggero si incontrano e si fondono insieme ecco che nasce un nucleo di elio (costituito da due protoni e due neutroni) più due protoni che tornano in circolazione. In tutto quattro nuclei di idrogeno (quattro protoni) hanno dato origine a un nucleo di elio. A prima vista non sembrerebbe così perché siamo partiti da due protoni e a questi, strada facendo, ne abbiamo poi aggiunto uno soltanto. Ma per arrivare a formare un nucleo di elio c’è bisogno di due nuclei di elio leggero e quindi verranno coinvolti altri tre nuclei di idrogeno. In tutto fanno sei nuclei di idrogeno ma dato che due di essi vengono restituiti alla fine del processo è corretto affermare che quattro nuclei di idrogeno hanno dato origine a un nucleo di elio. Se si vuole essere pignoli e andare a “pesare” i protagonisti all’inizio e alla fine del processo si scopre che quattro protoni sono più massicci di un nucleo di elio. La differenza di massa, seppur minima (circa il 7 per mille), si è trasformata in energia secondo la celeberrima formula di Albert Einstein E=m·c2

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