Dossier

Un viaggio nel sistema solare. Parte prima

I marziani, da dove vengono?

Nei racconti e nei film di fantascienza, soprattutto in quelli d’epoca, gli extraterrestri sono quasi sempre marziani. Come mai? Vi sono delle ragioni storiche che possono spiegare, almeno in parte, questa propensione a credere che il pianeta rosso fosse abitato da esseri intelligenti.

Intanto le prime osservazioni telescopiche, sebbene eseguite con strumenti di dubbia qualità, evidenziarono delle sorprendenti analogie con la Terra. Sebbene apparissero molto indistinti, su Marte era possibile scorgere dei dettagli, come le calotte polari o le fuggevoli macchie scure descritte da Herschel alla fine del XVIII secolo. Cosa che non era possibile, ad esempio, su Venere, sempre coperto da una fitta coltre di nubi.

Inoltre Marte non orbita poi molto lontano dal Sole e si poteva supporre che la temperatura media, benché certamente inferiore a quella terrestre (15°C), raggiungesse valori accettabili.

Ma fu soprattutto per merito (o per colpa) di un grande equivoco che la leggenda della civiltà marziana prese corpo e sostanza. In occasione dell’opposizione del 1877 l’astronomo italiano Giovanni Virgilio Schiapparelli, direttore dell’Osservatorio Astronomico di Brera, asserì di aver individuato sulla superficie del pianeta rosso una fitta rete di canali, che stimò in circa un centinaio.

Schiaparelli, Diari: Marte 1890 ultima mappa superficiale Nessun altro astronomo dell’epoca li avvistò ma la notizia arrivò ugualmente agli orecchi della stampa statunitense. Schiapparelli interpretò queste linee come canali naturali ma le sue affermazioni vennero tradotte in lingua inglese usando non la parola “channels” (che in inglese ha il significato di canale naturale) ma il termine “canal”, che sottintende appunto un’origine artificiale. È probabile che in questo equivoco abbiano influito non poco anche gli avvenimenti dell’epoca. Quelli erano gli anni della costruzione dei grandi canali artificiali della Terra: Suez era stato appena terminato con grande dispendio di denaro e si stava progettando anche l’apertura del canale di Panama.

Fatto sta che della natura artificiale di queste linee scure si convinse anche Sir Percival Lowell, un ricco diplomatico statunitense convertito all’astronomia che sposò questa interpretazione e fondò addirittura l’Osservatorio di Flagstaff, in Arizona, per dedicarsi allo studio dei canali marziani. Eccellente divulgatore, i suoi libri e le sue conferenze ricevettero un successo strepitoso. Egli non perdeva occasione per presentare la sua teoria: i canali osservati da Schiapparelli altro non erano se non l’estremo tentativo di una civiltà marziana sull’orlo della catastrofe di convogliare dai poli la poca acqua rimasta sul pianeta rosso attraverso una fitta rete di canali idrici.

Da allora mille e più ipotesi hanno postulato, nella letteratura e nel cinema, la presenza della vita su Marte. Fra i tanti, merita di essere citato Herbert G. Wells e il suo romanzo del 1897 “La guerra dei mondi”, in cui una civiltà marziana prossima all’estinzione decide di invadere la Terra per sfruttarne le risorse venendo poi sconfitta soltanto dall’incontro con i microbi nostrani.

Per un ulteriore approfondimento su questo tema si veda anche il dossier "Non solo vita su Marte: la storia delle illusioni aliene"

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