Dossier

La ricerca sulle staminali: risultati, prospettive, prerequisiti - Parte II

Il punto della situazione

GRNOPC1, progenitori gliali per il trattamento dei danni alla spina dorsale

Le cellule neuronali principali del sistema nervoso centrale generalmente non rigenerano dopo un danneggiamento. Se la cellula neuronale è danneggiata in seguito ad una malattia o ad una lesione, attualmente non esiste alcun trattamento per recuperare la funzionalità persa. Milioni di pazienti nel mondo soffrono di danni al sistema nervoso o di malattie associate alla sua degenerazione. In seguito a danni della spina dorsale, i pazienti sono spesso parzialmente o interamente paralizzati perché le cellule di supporto o le cellule neuronali sono state danneggiate e non possono rigenerare. Questi pazienti sono disabili permanenti e possono necessitare l’assistenza a vita.

Abbiamo derivato i precursori degli oligodendrociti dalle cellule staminali embrionali in coltura e li abbiamo testati in modelli animali per determinare se possono o meno recuperare la normale funzione neuronale. Utilizzando un sistema di coltura senza cellule di supporto e con il siero da noi prodotto, abbiamo ottenuto le prime cellule prodotte da partire da cellule staminali embrionali umane, le GRNOPC1, progenitori dell’oligodendroglia usati per trattare i danni dovuti a traumi acuti della spina dorsale.

I risultati di studi per dimostrare la validità del principio – derivati da una collaborazione tra l’accademia e l’industria – sono stati pubblicati nel Journal of Neuroscience (10), 2005. Lo studio ha mostrato che le cellule GRNOPC1 quando sono iniettate nella corda spinale dei ratti in cui è presente una lesione, si osserva ri-mielinizzazione dell’assone nervoso danneggiato, che evolve nel miglioramento dell’attività locomotrice degli animali che hanno subito il danno rispetto ai controlli. Stiamo attualmente completando il nostro studio preclinico e ci aspettiamo di iniziare a testare queste cellule nei pazienti con danno acuto della spina dorsale nel 2007.

GRNCM1, cardiomiociti per le malattie cardiache

Le cellule muscolari cardiache (cardiomiociti) non rigenerano durante la vita degli adulti. Mentre il muscolo cardiaco è danneggiato da lesioni o dalla diminuzione del flusso cardiaco, il tessuto muscolare in grado di contrarsi è rimpiazzato con tessuto fibroso non funzionale. L’insufficienza cardiaca, come comune conseguenza del danno al muscolo o alle valvole cardiache, colpisce circa 5 milioni di persone negli Stati Uniti. Questo anno, si stima che circa 1,2 milioni di persona hanno avuto un infarto, che è la principale causa di danno del tessuto muscolare cardiaco.

Abbiamo derivato i cardiomiociti umani dalle cellule staminali embrionali umane e abbiamo osservato il loro normale funzionamento durante la contrazione e la risposta ai farmaci per il cuore (4). Abbiamo trapiantato queste cellule in modelli animali e al momento queste cellule sembrano sopravvivere nel miocardio degli animali infartuati, e si osserva anche un recupero della funzionalità (13).

GRNIPC1, cellule delle isole per il diabete

Si stima che esistano circa un milione di americani che soffrono del diabete di tipo 1 (diabete mellito insulino dipendente). In condizioni normali, alcune cellule del pancreas, chiamate cellule beta delle isole, producono insulina che promuove l’assorbimento del glucosio da parte delle cellule dell’organismo. La degenerazione delle isole beta del pancreas ha come conseguenza la mancanza di insulina nel sangue con conseguente sviluppo di diabete.

Nonostante i diabetici possano essere trattati con iniezioni quotidiane di insulina, queste possono garantire solo un controllo intermittente dei livelli di glucosio. Come risultato, i pazienti con diabete soffrono di degenerazione cronica di molti organi, inclusi occhi, reni, nervi e vasi sanguigni. In alcuni casi, i pazienti con il diabete sono stati trattati con il trapianto delle isole beta. In ogni caso, la poca disponibilità di fonti appetibili per il trapianto di cellule beta e le complicazioni della necessità di co-somministrare farmaci immunodepressivi, ha reso questo approccio poco pratico per il trattamento di un numero crescente di individui che soffrono di diabete. Abbiamo derivato le cellule beta che producono insulina della cellule staminali embrionali umane e stiamo lavorando per migliorare la resa di queste cellule e per caratterizzare la secrezione di insulina in risposta al glucosio (12).

Abbiamo trapiantata le isole in modelli animali di diabete e al momento le cellule mostrano la presenza di cellule che producono il peptide c (insulina) a tre mesi dal trapianto. Il peptide umano c è stato trovato anche nel siero di questi animali trattati, dopo la stimolazione con alti livelli di glucosio.

Cellule emopoietiche per prevenire il rigetto immunitario

Il sistema ematologico (le cellule circolanti del sangue) sono uno dei rari tessuti dell’organismo umano in grado di rinnovarsi lungo tutta la vita. Nonostante sia complesso e costoso, l’utilizzo del trapianto di cellule staminali del midollo osseo sta aumentando in tutto il mondo.

Uno dei principali problemi nella procedura è la mancanza di disponibilità di donatori di midollo osseo compatibili, che limita in modo importante il numero di pazienti che può essere trattato con il trapianto. Abbiamo derivato delle cellule staminali da quelle embrionali umane e le abbiamo testate in modelli animali di trapianto del midollo osseo, osservando un trapianto stabile (11). Le cellule staminali emopoietiche, e alcuni tipi di cellule dendritiche, prodotte a partire dalle cellule staminali embrionali umane potrebbero trovare impiego non solo nella terapia di trapianto in campo ematologico ma anche in procedure per prevenire il rigetto immunitario di altre cellule trapiantate derivate sempre dalle staminali embrionali umane. La co-somministrazione delle cellule tollerogeniche derivate dalle staminali embrionali potrebbero educare il sistema immunitario del ricevente ad accettare le cellule terapeutiche senza rigettarle.

Epatociti per la scoperta di farmaci e per l’insufficienza epatica

Molti farmaci putativi falliscono nei trial clinici a causa della loro tossicità epatica o perché non sono assorbiti in modo sufficiente, o distribuiti in modo adeguato o il composto attivo è eliminato troppo rapidamente dall’organismo. La maggior parte dell’efficacia e sicurezza di un farmaco dipende da come è metabolizzato in una forma attiva o inattiva e dagli eventuali metaboliti tossici che possono essere generati durante questo processo. Gli epatociti, le cellule più importanti del fegato, metabolizzano la maggior parte dei composti e possono essere usate per predire molte caratteristiche farmacologiche di un farmaco.

Non esistono sistemi completamente efficaci disponibili oggi per predirre accuratamente il metabolismo o la tossicità di un composto per l’uomo. Lo sviluppo di diversi farmaci è stato interrotto tardivamente, nei trial clinici, perché i sistemi dei roditori utilizzati nelle fasi iniziali del processo di sviluppo non sono stati in grado di predire la tossicità dei farmaci per l’uomo. Le linee cellulari di epatociti attualmente disponibili non hanno le stesse caratteristiche della loro controparte normale nell’organismo e possono essere trasformate in modo da poter mantenere la capacità di proliferare in coltura.

L’accesso a tessuti epatici primari umani freschi per l’utilizzo in studi di tossicità è molto limitato e sottoposto ad elevata variabilità che può essere osservata a seconda del donatore individuale, il tempo e il processo di raccolta e le condizioni di coltura per gli esperimenti.

Stiamo sviluppando metodi per derivare epatociti funzionali standardizzati (cellule del fegato) da cellule staminali embrionali umane per rispondere alle necessità non ancora soddisfatte per predire il metabolismo, la biodistribuzione e la tossicità di candidati farmaci in via di sviluppo (8).

Queste cellule potrebbero fornire un numero consistente di cellule umane epatiche che potrebbero, con buona probabilità, predire se un nuovo farmaco potrebbe influenzare il fegato del paziente che lo assume o potrebbe essere metabolizzato. Stiamo anche valutando l’utilizzo di queste cellule in modelli animali di insufficienza epatica.

Suggerimenti