Dossier

La ricerca sulle staminali: risultati, prospettive, prerequisiti - Parte II

Muscolo

Le malattie che colpiscono in modo specifico il muscolo scheletrico – al contrario di quelle in cui il muscolo scheletrico è interessato solo secondariamente – sono spesso associate a distruzione progressiva delle stesse fibre muscolari, e in molti casi gravi, alla sostituzione progressiva del tessuto muscolare con tessuto fibroso e adiposo.

Questo conduce ad una paralisi progressiva ed irreversibile e, alla fine, alla morte del paziente. Come nel caso delle distrofie muscolari (1), un gruppo di diverse malattie, la più comune e devastante delle quali è la distrofia muscolare di Duchenne (DMD), di cui non esiste nessuna terapia efficace.

Come altre distrofie muscolari, la DMD è dovuta ad una mutazione in geni che codificano le proteine che collegano il citoscheletro delle cellule muscolari alle strutture di supporto esterne alla cellula.

Queste proteine formano un’unità composita con altre proteine e la mancanza di un singolo componente conduce alla distruzione dell’intera unità funzionale (a vario grado nelle diverse forme di distrofia) e quindi alla fragilità della membrana muscolare. Durante la contrazione, i difetti delle membrana causano l’ingresso del calcio nelle cellule muscolari che sono danneggiate o morte.

Queste fibre sono inizialmente riparate o rimpiazzate da cellule satelliti residenti (precursori cellulari di riserva), ma anche queste cellule hanno lo stesso difetto genetico e danno luogo a nuove fibre che a loro volta degenerano. Con il passare del tempo, la popolazione di cellule satelliti si esaurisce, non avviene più la rigenerazione delle fibre e il tessuto è progressivamente rimpiazzato da tessuto fibroso e adiposo. La morte delle fibre muscolari è associata all’infiammazione cronica e gli steroidi anti-infiammatori sono attualmente l’unica terapia disponibile.

Però, l’effetto positivo è modesto mentre gli effetti collaterali possono essere molto importanti. La ricerca sulle cellule staminali comprendente la riparazione del gene difettivo prima della reIntroduzione nel paziente potrebbe rappresentare una speranza per le generazione successive di pazienti affetti da DMD.

Capitolo a cura di: Giulio Cossu, Fondazione San Raffaele del Monte Tabor, Stem Cells Research Institute (SCRI), Milano, Italia

Suggerimenti