Dossier

La ricerca sulle staminali: risultati, prospettive, prerequisiti - Parte II

Il punto della situazione

Fino a tempi recenti, un solo tipo di precursore cellulare miogenico (precursore delle cellule muscolari mature) è stato identificato con sicurezza e parzialmente caratterizzato nelle fibre muscolari postnatali.

Descritte per la prima volta nel 1961, le cellule satellite sono state identificate e così chiamate per via della loro posizione “satellite” rispetto alle fibre muscolari, tra la membrana muscolare e la lamina basale che circonda ogni fibra (2).

Nei topi adulti sani, queste cellule si trovano in una fase di riposo, con un nucleo molto piccolo e condensato. Se il muscolo subisce un danno, si attivano rapidamente e iniziano a dividersi per generare una progenie che ripara le fibre danneggiate e/o produce nuove fibre per rimpiazzare quelle degenerate.

Però, una parte della progenie non differenzia, e assume la posizione di cellula satellite, assicurando la possibilità di rigenerazioni successive in caso di un nuovo danno. Questa possibilità non è infinita: durante il corso della distrofia muscolare, il danno continuo alle fibre muscolari e la degenerazione causa una continua attivazione di cellule satellite. Questa riserva è progressivamente esaurita finché non può più avvenire la rigenerazione muscolare.

Nel 1998 è stato scoperto che il midollo osseo, noto per contenere i precursori delle cellule del sangue, contiene cellule che, a bassissima frequenza, possono partecipare alla rigenerazione del muscolo scheletrico e contribuire alla riparazione delle fibre muscolari o alla rigenerazione (3).

La natura di queste cellule è stata inizialmente – e lo è ancora – piuttosto elusiva, ma negli anni successivi la letteratura scientifica è stata inondata da report di differenziamenti non ortodossi di cellule precursori di un tessuto in cellule differenziate di tessuti distanti e non correlati (per esempio, le cellule staminali del sangue possono differenziare in neuroni e viceversa).

Questo fenomeno, definito plasticità ha un impatto importante anche al di fuori della comunità scientifica: infatti, la possibilità di indurre il differenziamento di cellule staminali da un tessuto non danneggiato in un tipo cellulare colpito da una determinata malattia, apre una nuova prospettiva terapeutica e apre dei dubbi sulla necessità di investire nella ricerca sulle cellule staminali embrionali, ma la prospettiva di evitare controverse etiche molto calde che caratterizzano la ricerca sulle cellule staminali embrionali ha avuto una vita molto corta. In realtà, la plasticità è un evento molto raro, spesso – se non sempre – dovuto alla fusione cellulare.

Fino a quando non saranno chiariti i meccanismi molecolari e la biologia di queste cellule, la plasticità sarà irrilevante dal punto di vista terapeutico. Nonostante ciò, negli ultimi anni sono state accumulate diverse evidenze sul fatto che diversi precursori cellulari non correlati al muscolo, come quelli dei vasi sanguigni, del tessuto adiposo, del tessuto sinoviale e di quello nervoso, sono in grado di differenziare in cellule del muscolo scheletrico (4).

Questo differenziamento avviene a bassa frequenza (in genere meno del 10% del totale della popolazione cellulare) e non necessita di essere indotto da segnali rilasciati da cellule miogeniche bona fide (cellule da cui originano i muscoli) o da farmaci che modificano le istruzioni genetiche.

Il significato possibile dello sviluppo di questo differenziamento non ortodosso del muscolo è complesso e non ancora compreso a fondo: ma la sua discussione va oltre lo scopo di questo articolo.

- Lo sviluppo, il mantenimento e la crescita muscolare sono conosciuti a fondo e il ruolo delle cellule staminali satelliti nel rinnovare e riparare il muscolo è stato chiarito.

- Le cellule satelliti rimpiazzano le fibre muscolari danneggiate, ma in certe distrofie muscolari le fibre sono distrutte ad un frequenza talmente elevata che la riserva di cellule satelliti, prima o poi, si esaurisce.

- Le cellule staminali di altri tessuti potrebbero avere un valore per la terapia, ma il loro differenziamento è una questione complessa e richiede studi ulteriori.

Suggerimenti