Dossier

La ricerca sulle staminali: risultati, prospettive, prerequisiti - Parte II

Potenzialità terapeutiche: valutazione

Negli ultimi cinque anni l’attenzione è stata focalizzata sulle cellule staminali e sul potenziale straordinario che offrono nel trattamento di un numero di malattie attualmente intrattabili.

Questa lista è lunga: malattie cardiache, artrite, danno delle corda spinale, infarto, morbo di Alzheimer, morbo di Parkinson, diabete, cancro e disordini del sistema immunitario. Esistono molte evidenze ottenute in studi preclinici che indicano che l’uso delle cellule staminali possa essere efficace. In un piccolo numero di studi sull’uomo, già pubblicati, soprattutto su pazienti affetti da insufficienza cardiaca, suggeriscono anche che le cellule staminali potrebbero rappresentare una speranza per i pazienti. A questo punto, si è aperta una visuale piuttosto ottimistica sulla terapia a base di cellule staminali e sulla probabilità che questa sarà efficace in un ampio spettro di malattie.

Questo ottimismo è prematuro, perché l’esperienza con le cellule staminali nell’uomo è ancora molto limitata. Molti progetti di ricerca sono in corso d’opera in diverse parti del mondo e molti governi hanno deciso di investire grandi proporzioni dei loro budget in ricerca e sviluppo per la ricerca sulle cellule staminali. Ora è un buon momento per posizionare la terapia sulle cellule staminali in una prospettiva realistica ed esaminare l’accuratezza scientifica e degli approcci clinici attuali. La tecnologia delle cellule staminali offre diverse opportunità per lo sviluppo commerciale su ampia scala ma ci sono ostacoli che devono essere superati per veicolare prodotti cellulari di successo.

Molte caratteristiche delle cellule staminali le rendono uniche in confronto con altre cellule di mammifero. Per prima cosa, esistono cellule specializzate che mancano di caratteristiche tessuto-specifiche e che sono in grado di mantenere il fenotipo indifferenziato fino all’esposizione ad appropriati segnali. In secondo luogo, hanno la capacità per un autorinnovamento esteso. In terzo luogo, sotto l’influenza di un segnale biologico specifico, possono differenziare in cellule specializzate con diverse caratteristiche e funzioni.

Le cellule staminali mesenchimali del midollo osseo sono aderenti a questa definizione. Queste cellule, come indica il nome, sono precursori delle cellule della linea mesenchimale (termine che indica un particolare strato di tessuto nell’embrione in fase di sviluppo), tra cui cartilagine, tessuto osseo, grasso, muscolo e tendini. Sono facilmente isolabili dal midollo osseo e dal tessuto adiposo (grasso) e da molte altre fonti.

A questo punto, abbiamo a disposizione una conoscenza abbastanza completa della regolazione del differenziamento, del commissionamento e della plasticità di questa popolazione di cellule. Possiamo identificare un numero di segnali che attivano le cellule per differenziare in specifiche linee cellulari e che possono essere descritte come fenotipo di cellule completamente differenziate, ma conosciamo poco degli stati intermedi. E nemmeno siamo in grado di comprendere il trans-differenziamento (la trasformazione di un tipo cellulare in un altro) o la capacità delle cellule di differenziare orizzontalmente da una linea cellulare all’altra.

Inoltre, c’è poca conoscenza intorno alle nicchie, o microambienti tessuto-specifici, in cui risiedono le cellule staminali. Nonostante la carenza di conoscenze su queste cellule e della loro storia naturale, è presumibile che abbiano delle potenzialità terapeutiche in un’ampia varietà di applicazioni cliniche. Le cellule staminali mesenchimali possono essere isolate da piccole quantità di midollo osseo e cresciute in laboratorio. Lo svantaggio di queste, e di altre cellule staminali nell’adulo, è il limite nella capacità di differenziamento, in confronto con quelle embrionali. Il vantaggio è che non pongono dilemmi etici.

Capitolo a cura di: Frank Barry, Regenerative Medicine Institute (REMEDI), National University of Ireland, Galway, Ireland

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