Dossier

Buchi neri. Da Mitchell alla teoria delle stringhe, l'evoluzione di un'idea

Crolla il cerchio magico di Eddington

Il cerchio magico di Eddington non fu sconfitto direttamente da Wheeler ma da tre ricercatori che, indipendentemente, trovarono il sistema di mostrare matematicamente la non consistenza del problema. Spetterà a Wheeler dare il giusto credito all'avvenimento, adoperandosi affinché quel risultato così significativo potesse essere conosciuto da tutta la comunità scientifica.

I nomi dei tre ricercatori erano Martin Kruskal, David Finkelstein e Geroge Szekeres.

La cosa curiosa dietro alla vicenda era che nessuno dei tre era un fisico teorico, ma provenivano tutti da rami della ricerca completamente differenti dalla relatività. Forse fu questo il vantaggio che permise loro di risolvere il problema.

Martin Kruskal era un fisico del plasma deciso a studiare con altri colleghi un po' di relatività.

Si era intorno alla metà degli anni cinquanta e l'occhio e la mente del neofita, privo di pregiudizi, mise subito a fuoco il problema, osservando che la tanto temuta singolarità era dovuta a una cattiva scelta di coordinate.

Cambiando di coordinate e scegliendone di opportune si poteva superare il problema.

Sebbene scettico sul risultato ottenuto, Kruskal si presentò a Wheeler per avere un parere su quello che aveva scoperto.

Inizialmente, il fisico non fu molto impressionato dal risultato e la risposta che Kruskal ottenne non fu molto incoraggiante.

Ma dopo circa un paio d'anni Wheeler ritornò sui suoi passi e, letti con maggior attenzione i lavori di Kruskal, li presentò a una conferenza sulla relatività generale a Royaumont nel giugno del '59 e li propose per una degna pubblicazione. Naturalmente sottolineando il fatto che doveva essere dato a Kruskal il merito della scoperta.

Alla fine del '59, visto che ancora nulla era stato stampato a riguardo, Wheeler intervenne di persona nella questione con un breve articolo nel quale dava a Kruskal quel che era di Kruskal.

Per quanto riguarda Finkelstein, in un lavoro intitolato Asimmetria passato-futuro in un campo gravitazionale di una particella puntiforme (1960), dimostrò come la soluzione di Schwarzschild poteva essere estesa in modo da coprire tutto lo spazio e non solo l'esterno della stella con un'opportuna scelta di coordinate temporali "ritardate" e "avanzate".

Infine George Szekeres, il terzo a giungere nel 1960 a risultati analoghi. Ungherese, iniziò la sua carriera come ingegnere nella propria patria, dalla quale, però, dovette fuggire in seguito all'invasione nazista. Riparò a Shangai per trovare un'altra invasione, quella giapponese, che, tuttavia, gli permise di continuare il suo lavoro. Terminò la guerra lavorando per gli americani e dedicandosi a tempo perso alla matematica. Divenuto docente di matematica all'Università di Adelaide si interessò alla relatività generale risolvendo il problema della singolarità di Schwarzschild. Giudicando il lavoro di scarso interesse, lo pubblicò in una sconosciuta rivista ungherese dove rimase a prender polvere per molto tempo.

Coordinate di Kruskal Con le coordinate di Kruskal-Szekeres, come oggi sono conosciute, è possibile eliminare la singolarità che si incontra in r=2m nella soluzione di Schwarzschild. Quello che si ottiene è una nuova espressione per la metrica che descrive un buco nero sferico di Schwarzschild. E' importante sottolineare il fatto che con le nuove coordinate è possibile mappare anche l'interno della regione delimitata dalla superficie r=2m, quella dalla quale nulla può uscire, come si vede dalla figura e sulla quale l'originale lavoro di Schwarzschild nulla diceva.

Anche con le nuove coordinate non è, tuttavia, possibile eliminare la vera singolarità del problema, quella che si trova in r=0. E su questo avremo modo di tornarci in seguito.

Ma abbiamo parlato anche di un altro merito di Wheeler, più coreografico e meno scientifico del precedente ma sicuramente dall'impatto sull'opinione pubblica assai maggiore.

Come un allievo di Wheeler, Jacob Bekenstein, avrà modo di ricordare, durante una presentazione a un congresso, mentre il suo professore cercava il modo più breve per dire "oggetto completamente collassato", qualcuno dei presenti disse ad alta voce " perché non lo chiami buco nero?" .

A Wheeler l'idea piacque subito e adottò immediatamente il termine, "terminologicamente banale ma psicologicamente potente" come disse, adoperandosi a diffonderlo durante la sua carriera di fisico.

La leggenda dei buchi neri nacque in quel momento. Era il 1969

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