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Buchi neri. Da Mitchell alla teoria delle stringhe, l'evoluzione di un'idea

Gli ultimi venti anni di ricerche

Buchi neri al centro della Via Lattea Nel corso degli anni '80, la fisica dei buchi neri si tenne su un profilo piuttosto basso.

Gli unici impulsi venivano dalla scoperte nel campo dell'astrofisica, come l'identificazione di enormi buchi neri supermassicci, o l'individuazione di fenomeni energetici di enorme potenza, per i quali si pensava occorressero campi gravitazionali ugualmente enormi.

Si cercavano, poi, soluzioni delle equazioni di Einstein che, come già detto, mettessero in crisi il teorema No Hair, e si continuava a lavorare su una soddisfacente teoria della gravitazione quantistica.

La relatività generale, infatti, non è stata l'unica teoria sviluppata sul campo gravitazionale, ma di certo ha dimostrato di funzionare benissimo, e di fare egregiamente quello che si richiede a una teoria: fare previsioni.

Il problema era che non era quantizzabile che le normali procedure utilizzate per gli altri campi.

La teoria quantizzata mostrava degli infiniti non rinormalizzabili, in altre parole che non era possibile eliminare con qualche astuto trucco. Quegli infiniti dicevano che realmente c'era qualcosa che non andava nella teoria.

Tra le tante avanzate nel corso degli anni, la teoria delle stringhe può vantare numerosi punti in suo favore, compreso il problema della quantizzazione del campo gravitazionale.

La teoria delle stringhe, sviluppata nel corso degli anni settanta per problemi legati alla fisica nucleare, ha dimostrato di fare giuste previsioni su un ampio spettro di problemi, non ultimo quelli di natura gravitazionale, quando, a metà degli anni novanta Andrews Strominger e Cumrun Vafa dimostrarono come fosse possibile calcolare l'entropia di un buco nero considerando i suoi microstati.

In altre parole quello che si stava cercando da tanto tempo. O quasi.

Nel corso degli anni novanta, mentre da una parte molti fisici teorici si sono spostati verso le stringhe, dall'altra sono stati portati avanti interessanti studi di tipo semiclassico (ossia campi quantistici su un campo gravitazionale classico, non quantizzato) sui buchi neri.

Piuttosto elegante è stata la trattazione fatta da Robert Wald mediante l'utilizzo del formalismo di Noether.

Amalie Emmy Noether (1882-1935), bella figura di scienziato donna in un periodo dove la ricerca era all'appannaggio dei soli uomini, formulò un fondamentale teorema che stabiliva una relazione tra proprietà di invarianza di un sistema e leggi di conservazione. Ad esempio l'invarianza rispetto a una traslazione spaziale implicava la conservazione della quantità di moto.

Trasportano il teorema di Noether a una classe di funzioni dotate di certe simmetrie, Wald ha dimostrato che le leggi della termodinamica dei buchi neri non sono una peculiarità della teoria della relatività generale, ma una caratteristica intrinseca dei buchi neri.

I valori di entropia ricavati da Wald sono in perfetto accordo con quelli precedentemente calcolati.

Il limite dell'approccio di Wald, per quanto elegante, si manifesta nel momento in cui non riesce a chiarire da dove venga l'entropia di un buco nero, quale sia la sua vera natura, fornendo, di contro, solo un metodo per calcolarla.

Ormai era chiaro, per vincere la battaglia c'era bisogno di rivoluzionare la fisica, per giungere a comprendere la natura nei suoi aspetti più nascosti, quelli dell'ordine della scala di Planck (10-33 cm).

Le stringhe potevano dare qualche risposta convincente in proposito.

Secondo questa teoria, le unità fondamentali non sono più particelle ma corde unidimensionali in grado di muoversi in uno spazio n-dimensionale. Muovendosi in questo spazio la stringa "spazza" una superficie 2-dimensionale le cui caratteristiche sono importantissime per i fisici teorici.

Oltre a muoversi, la stringa può oscillare in modi differenti. Le particelle, come noi le rileviamo, non sono altro che questi diversi modi di oscillazione. Affinché questi modi d'oscillazione quantizzati risultino in accordo con la meccanica quantistica, lo spazio sul quale si possono muovere ha ben 26 (!) dimensioni nel caso di una teoria che contenga solo forze, mentre si riducono a un minimo di 11 dimensioni qualora si considerino anche campi di materia (fermioni).

Particolarmente interessante risulta il fatto che le stringhe possono anche essere chiuse; il loro spettro di oscillazioni, in questo caso, comprende anche particelle di spin pari a 2 e prive di massa.

In poche parole la teoria include in modo del tutto naturale la presenza di gravitoni, i quanti del campo gravitazionale.

Sulle stringhe si sono riversati un gran numero di ricercatori che a poco a poco hanno sviluppato e reso più chiara una teoria che ha molto faticato per farsi accettare, data la sua grande complessità e soprattutto limitata da un aspetto dal quale difficilmente una buona teoria dovrebbe prescindere: le verifiche sperimentali. Oggi si ritiene che le cinque teorie che descrivono le stringhe siano, in realtà, cinque mattoni che costituiscono una teoria più generale detta Teoria M dove le unità fondamentali non sono più le stringhe ma delle membrane.

Ma torniamo ai nostri buchi neri e a come le stringhe paiano aver risolto il problema.

Nel 1995 Andrews Vafa e Cumrun Strominger annunciarono di aver risolto la questione legata all'entropia dei buchi neri.

I due scienziati hanno assemblato un certo numero di stati delle corde, cosa che ha permesso loro di tenere sotto controllo la struttura microscopica creata, e con una complessa argomentazione hanno associato la loro creatura a una particolare classe di buchi neri, quelli estremali, ossia buchi neri dotati di massima carica elettrica e, compatibilmente, di minima massa.

In seguito hanno contato tutti i possibili riarrangiamenti degli stati microscopici creati che lasciavano inalterate le proprietà osservabili del buco nero, ossia massa, momento angolare e carica.

Una volta terminato il calcolo hanno trovato accordo perfetto tra il risultato ottenuto e l'area dell'orizzonte degli eventi del buco nero.

Finalmente qualcuno era riuscito a calcolare l'entropia di un buco nero contando i suoi stati microscopici interni.

I teorici delle stringhe, nei loro libri divulgativi, tendono a presentare questo risultato come un grandissimo successo della teoria e non si soffermano sui limiti di questo risultato.

E' ovvio, infatti, che l'entropia da loro trovata è quella di una classe di buchi neri piuttosto particolare, e non quella, ad esempio, di un buco nero formato da collasso gravitazionale. Inoltre si può obiettare che il loro conto coinvolge non gli stati interni del buco nero bensì gli stati di stringa, solo in seguito associati agli stati di buco nero.

Comunque il risultato di Vafa e Strominger è stato davvero importante, segnando un passo notevole nell'ardua ricerca di una teoria quantistica della gravitazione che esca incolume dalle problematiche sollevate dai buchi neri.

Ma c'è ancora dell'altro. Come se non bastasse i buchi neri hanno ispirato un'idea per certi versi davvero sconvolgente.

Se fosse in qualche modo provata rivoluzionerebbe certamente il nostro modo di pensare l'Universo.

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