Dossier

Buchi neri. Da Mitchell alla teoria delle stringhe, l'evoluzione di un'idea

Il processo Penrose

Il buco nero di Kerr possiede anche un'altra meravigliosa caratteristica che Penrose mise in luce alla fine degli anni sessanta.

A scapito della sua rotazione è teoricamente possibile estrarre energia da un buco nero rotante.

Grazie al suo moto di rotazione attorno a un asse, il buco nero di Kerr possiede una regione di trascinamento il cui "bordo"in prossimità dei poli combacia con l'orizzonte degli eventi, ma se ne distacca in prossimità dell'equatore. Tale ragione è chiamata ergosfera.

Processo Penrose La caratteristica fondamentale di questa zona è che nessuna particella, una volta dentro, può rimanere ferma, a riposo, ma deve necessariamente partecipare alla rotazione del buco nero. Ciò significa che ha ancora la possibilità di sfuggire all'attrazione gravitazionale del buco ma non quella di rimanere ferma a una certa distanza.

Ma non solo.

In questa stranissima regione dello spazio-tempo l'energia può avere valore negativo.

Immaginiamo, adesso, che una particella di energia E0 entri nella ergosfera e decada in due altre particelle di energia E1 ed E2 di cui una riesca a sfuggire all'attrazione del buco nero mentre l'altra, facciamo E1, venga catturata dalla rotazione dell'intera regione, fino a oltrepassare l'orizzonte degli eventi e non tornare mai più.

Ricordandoci che in questa regione l'energia può cambiare di segno, risulta possibile, in seguito al principio della conservazione dell'energia per cui E0 = E1+E2 che la particella uscente possegga più energia di quanta ne avesse prima di entrare nella ergosfera, poichè adesso E0 = - E1+E2, dalla quale risulta E2 = E1+E0

A scapito della massa e della rotazione del buco nero, entrambe ridotte, è stato possibile ottenere uno stato finale con più energia di quello finale.

In un certo qual modo, con il "processo di Penrose" si era scoperto che i buchi neri potevano essere un po' meno neri di quello che fino ad allora si pensava.

Ma i buchi neri di Kerr avevano in serbo altre sorprese.

Una di queste fu scoperta da un brillante studente allievo di Wheeler, Demetrious Christodoulou. Il giovane ricercatore si accorse che in nessun processo nel quale la rotazione di un buco nero potesse aumentare o diminuire poteva causare la diminuzione di una certo parametro.

Parametro che fu chiamato massa irriducibile.

Sebbene il nome possa trarre in inganno, tale parametro conteneva non solo la massa del buco nero ma anche il suo momento angolare totale.

Tale scoperta dimostrava che indipendentemente da come variavano separatamente massa e rotazione del buco nero, una loro opportuna combinazione, la massa irriducibile, cresceva sempre o al più rimaneva costante.

Ma c'era di più.

Poco dopo la scoperta di Cristodoulou, Penrose insieme a R. Floyd mostrarono per mezzo di esempi, che disturbando per mezzo di qualche causa esterna un buco nero di Kerr, l'area dell'orizzonte poteva solo aumentare.

A quel punto fu abbastanza facile fare "2+2" e molte persone si accorsero che i risultati di Penrose e di Cristodoulou erano la stessa faccia di una stessa medaglia; con parole diverse entrambi dicevano la stessa cosa: la massa irriducibile (più precisamente sarebbe il quadrato della massa irriducibile) era proporzionale all'area dell'orizzonte degli eventi stesso.

Il fatto era decisamente interessante. Qualunque fosse il processo c'era una quantità che non poteva diminuire ma solo aumentare.

Sulla scia di quelle intuizioni, Hawking, ampliando l'analisi a casi più generici di quelli trattati dai suoi colleghi, giunse a enunciare un importantissimo teorema secondo il quale l'area dell'orizzonte di un buco nero non diminuiva mai qualsiasi fosse stato il processo nel quale era coinvolto.

Per qualcuno, Bekenstein in particolare, la rivelazione di Hawking fu una sorta di campanello d'allarme: forse sotto c'era qualcosa di più; qualcosa ancora di poco chiaro ma strettamente legato al fatto che c'era "qualcosa" di un buco nero che non poteva mai diminuire, qualsiasi processo il buco nero avesse subito.

Questa cosa ricordava vagamente una proprietà legata ai sistemi ordinari con una certa temperatura. Vagamente, si intende.

Le riflessioni di Bekenstein erano spinte da un'osservazione che gli aveva fatto il suo maestro a riguardo dell'entropia e dei buchi neri; in breve, Wheeler si chiese se la seconda legge dell'entropia, quella che garantisce che l'entropia dell'universo non può mai diminuire, fosse in qualche modo violata dalla presenza del buco nero.

Osservazione dettata dal fatto che poiché un buco nero inghiottiva ogni cosa, si poteva pensare, idealmente, a un processo nel quale vi fosse un aumento di entropia, ad esempio sciogliere dello zucchero in una tazzina di caffè, e far sparire il risultato dell'esperimento, nel nostro caso la tazzina con il caffè, dentro al buco nero. Con la scomparsa del corpo del reato, la tazzina, sarebbe anche scomparso l'informazione che l'entropia del sistema era aumentata.

A Bekenstein la cosa parve molto interessante.

I buchi neri erano, forse, in grado di sconvolgere anche una legge solida e sempre verificata come quella dell'entropia?

Forse c'era modo, analizzando qualche parametro caratteristico del buco nero, di risalire all'informazione perduta (la tazzina del caffè di cui sopra), salvaguardando la legge termodinamica.

Ma anche questa riflessione non era supportata dai fatti, o meglio da quello che Wheeler, ancora lui, ebbe modo di definire come "il teorema dell'assenza di peli".

Nome davvero strano per un teorema, nato come una congettura, per certi versi, assolutamente straordinario: l'assenza di peli diceva che della stella collassante rimanevano come marchio di fabbrica solo la massa, la carica e il momento angolare, cioè i soli parametri che avrebbero caratterizzato la natura del buco nero; tutte le altre informazioni portate dalla materia, i peli, sarebbero sparite per sempre nel buco nero.

Suggerimenti