Il cerchio magico di Eddington
Nel febbraio del 1920, tale A. Anderson del University College Galway pubblicò nel Philosophical Journal un'ardita e quanto mai sorprendente speculazione:
"
Poco dopo, nel 1921, il ben più conosciuto sir Oliver Lodge (1851-1940) tenne una lezione agli studenti dello Student's Science Club della prestigiosa Università di Birmingham nella quale disse:
Sir Oliver proseguì il discorso portando avanti alcuni calcoli
"
L'intuizione di Lodge era davvero notevole, tanto da "travalicare la portata di un pensiero razionale", ma di certo non ebbe grande risonanza nell'ambiente accademico che allora era già impegnato a celebrare quello che sarebbe divenuto una delle figure più illustri e conosciute della fisica di tutti i tempi: Albert Einstein.
Sei anni prima del discorso di Lodge ai suoi studenti, Einstein, già conosciuto per la teoria della relatività ristretta e gli studi sull'effetto fotoelettrico, presentò a ben altro uditorio rispetto a quello di sir Oliver i risultati di un intensissimo periodo di ricerca; avendo appreso che il matematico David Hilbert (1862-1943), non certo uno qualunque, si stava dedicando a un lavoro molto importante sulla gravitazione, il 2 novembre 1915, dopo due intensi mesi di lavoro dedicati a risolvere alcune incongruenze che minavano la sua teoria, Einstein presentò all'Accademia prussiana delle Scienze un sistema di equazioni del campo gravitazionale che mettevano in relazione la curvatura dello spazio tempo con la densità di energia della materia contenuta al suo interno.
Einstein aveva appena esposto la base della teoria della relatività generale, forse il più grande contributo di un ricercatore nella storia della fisica.
Nel marzo del 1916 il lavoro venne pubblicato negli
Fatta la teoria non rimaneva altro che capire cosa la teoria predicesse.
Un primo passo in questa direzione venne effettuato pochissimo tempo dopo il discorso di Einstein dall'astronomo tedesco, direttore dell'Osservatorio di Potsdam,
Oggi questo nome viene associato indissolubilmente a uno dei tipi di buco nero che conosciamo, ma al tempo della scoperta dell'astronomo, nessuno, Einstein compreso, aveva ben chiaro cosa egli avesse realmente trovato. E passeranno molti anni prima di questo.
Comunque, l'astronomo tedesco venne a conoscenza del lavoro di Einstein leggendo il numero del 25 novembre degli
Nel suo lavoro, l'astronomo aveva trovato due soluzioni rigorose ed esatte delle equazioni di Einstein, sebbene descriventi situazioni piuttosto semplici: una descrivente il campo gravitazionale di una massa puntiforme e l'altra descrivente quello di una sfera estesa. Gli assunti per risolvere il problema furono la simmetria sferica del problema e la stazionarietà.
Con il primo assunto si intende che il corpo e il campo da esso creato hanno forma sferica, mentre
la parola "stazionario" indica un evento non dipendente dal tempo, ossia, nel caso di un buco nero, che esiste una famiglia di osservatori esterni alla "mostruosità" per i quali ogni cosa rimane sempre uguale a se stessa.
La soluzione trovata da Schwarzschild ha questa forma
ds
dove
Una formula come questa, che esprime l'intervallo spazio temporale tra due eventi, viene definita
Essa descrive completamente il campo gravitazionale generato dal corpo: definisce il moto di tutti gli osservatori in caduta libera e tutte le relazioni spazio-temporali tra eventi all'interno di questo campo.
Questo significa che la soluzione delle equazioni di Einstein appena vista, presupposta una particolare distribuzione della materia (la sfera di Schwarzschild), fornisce il corrispondente campo gravitazionale in ogni punto dello spaziotempo.
Non solo. Poiché spazio e tempo sono strettamente connessi, ogni campo gravitazionale produce una deformazione del tempo che ogni soluzione trovata deve essere in grado di misurare in ogni punto dello spazio.
E su questo punto il grande Einstein entrò in crisi.
In corrispondenza di un preciso valore del parametro r nella soluzione di Schwarzschild, precisamente r=2M ( e ancor più correttamente sarebbe r=2mG/c
In altre parole, la soluzione non sembra essere più in grado di fornire una predizione corretta, e presenta una patologia che viene chiamata
Una soluzione che ha questo comportamento si dice che
La cosa si fa preoccupante nel caso in cui vogliamo calcolare proprio quella dilatazione temporale prima menzionata. Si può facilmente dimostrare che nel caso di Schwarzschild la dilatazione temporale dipende solo dalla distanza dal centro di massa, ossia dal parametro r, pertanto risulta che il valore r=2M è ancora una volta un parametro critico per la soluzione in questione e la risposta che otteniamo è ancora una volta incomprensibile: infinito.
Ecco l'inghippo che sconcertò Einstein: la soluzione di Schwarzschild forniva come risposta "infinito" per gli intervalli di tempo in una certa regione dello spazio.
Nel caso del Sole, la deformazione temporale si verifica in prossimità dei 3 chilometri.
A Einstein il fatto che in corrispondenza di questo raggio il tempo fosse infinitamente dilatato risultò fin troppo arduo da accettare.
E infatti non lo fece.
I risultati trovati da Schwarzschild allora furono interpretati in maniera tale che potevano essere utilizzati per calcolare il campo gravitazionale
Con buona pace dello stesso Einstein, che d'altro canto era fin troppo impegnato nelle celebrazioni che lo stavano riguardando.
Tre anni dopo la pubblicazione delle equazioni della relatività generale il grande sir Arthur Eddington (1882-1944) nel corso di un'eclissi totale di Sole dimostrò che i calcoli di Einstein erano esatti predicendo correttamente la deflessione della luce in presenza di un forte campo gravitazionale.
Il 7 novembre del 1919 il Times uscì nelle edicole con una prima pagina sensazionale:
E fu il trionfo per Einstein.
E mentre il mondo celebrava e ricopriva di onori il grande scienziato che ricevette nel 1921 dalla Royal Society la prestigiosa Fellowship e l'anno seguente il premio Nobel per l'effetto fotoelettrico, nello stesso periodo i più anonimi Anderson e Lodge si ponevano i dubbi sulle oscure e invisibili stelle.
Eddington, ritornando sull'argomento del raggio di Schwarzschild, affossò definitivamente la questione apostrofando questa superficie come un "cerchio magico", impenetrabile da qualsiasi strumento d'osservazione.
La questione per lui finiva lì.
Egli abbandonò il problema e si dedicò agli studi sulla materia iperdensa.
Con gli anni venti, gli scienziati iniziarono a credere nella possibilità che l'atomo potesse essere in qualche modo "rotto" e quindi procedere a una compressione della materia a densità ritenute, fino ad allora, inimmaginabili.
Nel 1924, in un discorso alla Royal Astronomical Society, Eddington diceva:
Eddington ancora non lo sapeva, ma sarebbero stati proprio gli studi sulla materia iperdensa a rispolverare il problema del cerchio magico.
Insieme a esso anche la teoria di Einstein, paradossalmente lasciata un po' troppo a languire in qualche vano semi dimenticato della ricerca, riprese a essere una prima donna della ricerca.
Infatti, sebbene negli anni venti la teoria eisteniana avesse guadagnato grandi consensi, venne sempre ritenuta un campo estremamente specialistico, complicato e difficilmente verificabile e per un decennio, dopo le misure di Eddington, subì un periodo di ristagnamento.
Ma alcune osservazioni astronomiche effettuate su corpi celesti gettarono scompiglio nella comunità scientifica, mettendo in evidenza l'esistenza di particolari corpi dal diametro modesto ma dalla concentrazione di massa estremamente alta.
Il caso più famoso fu quello di Sirio B che in un diametro poco più grande di quello della Terra racchiudeva i 4/5 della massa solare. La classe di queste stelle fu denominata
I valori erano sorprendenti e gli scienziati iniziarono a chiedersi cosa sarebbe potuto accadere a stelle ancora più massicce di Sirio B. Forse il collasso gravitazionale, che rappresenta l'ultima fase nel ciclo vitale di una stella dopo che essa ha terminato il combustibile nucleare, avrebbe potuto portare l'astro a valori prossimi al raggio di Schwarzschild? Cosa sarebbe successo poi?
Inquietanti scenari iniziarono ad affacciarsi alla mente degli scienziati e il cerchio magico stava per uscire nuovamente dal cilindro del prestigiatore cosmico.