Dossier

Buchi neri. Da Mitchell alla teoria delle stringhe, l'evoluzione di un'idea

Il dopoguerra e gli anni ’60. E buchi neri furono.

Al termine del conflitto, l'atteggiamento della comunità scientifica non cambiò molto nei confronti delle problematiche della relatività generale; sull'onda emotiva della bomba atomica, lo studio delle forze nucleari aveva la priorità su qualsiasi altra problematica. E' curioso tuttavia sottolineare il diverso approccio che i due blocchi, sovietico e occidentale, avevano nei confronti del collasso gravitazionale; a est questa situazione compariva nei testi classici della fisica come, ad esempio, "Fisica statistica" (1951) di Landau e Lifshits, nel quale si menzionava esplicitamente il lavoro di Oppenheimer del '39, mentre a ovest la questione venne semplicemente posta nel dimenticatoio senza particolari sussulti, e se mai qualcuno avesse pensato di risollevarla sarebbe stato giudicato un folle.

Ma un pazzo deciso a riportare un po' di entusiasmo nel campo della relatività generale e delle problematiche sollevate dal collasso gravitazionale non tardò ad arrivare: John Archibald Wheeler (1911).

Allievo di Einstein e di Bohr, il geniale e vulcanico fisico statunitense sarebbe divenuto un'autorità nel campo della teoria della gravitazione tanto da far scuola a generazioni di fisici con il suo linguaggio e il suo formalismo squisitamente geometrico e, soprattutto, avrebbe portato una ventata di freschezza in un ambiente che stava atrofizzandosi.

Uno dei suoi allievi migliori, Kip Thorne, avrà modo di scrivere quale poteva essere uno dei motivi da imputare a quel blocco mentale che impediva ai fisici di comprendere la natura del collasso stellare:

"Probabilmente tra il 1939 e il 1958 quello che contribuì maggiormente a impedire agli scienziati i comprendere l'implosione di una stella fu il nome utilizzato per la circonferenza critica: " singolarità di Schwarzschild"

Il termine singolarità evocava l'immagine di una regione in cui la gravità diventa infinitamente intensa, provocando un crollo delle leggi della fisica, rappresentazione che noi oggi sappiamo essere corretta per l'oggetto che si trova al centro del buco nero ma non per la circonferenza critica"

(Kip Thorne, Black holes and Time Warps, New York, Norton, 1994)

John A. Wheeler in buona compagnia Con l'arrivo dell'entusiasta Wheeler le cose, seppur lentamente iniziarono a cambiare.

A Princeton, tra gli anni cinquanta e gli inizi degli anni sessanta, radunò attorno a se giovani talentuosi e motivati che iniziarono lo studio delle problematiche gravitazionali partendo dai classici lavori di Chandrasekhar, Landau e Oppenheimer. Le loro ricerche confermarono l'inevitabilità del collasso gravitazionale senza possibilità d'arresto per masse comprese tra 1.5 e 2 masse solari.

A Wheeler, inoltre, non sfuggì una questione molto sottile che, dietro a quei risultati così stravaganti, poteva mettere in crisi i modelli fisici fino ad allora conosciuti. In particolare il comportamento della materia collassante sembrava mettere in crisi una delle leggi di conservazione più solide e sicure a disposizione dei fisici: la conservazione del numero barionico.

I barioni sono i costituenti pesanti della materia; se un barione sparisce la legge di conservazione garantisce che un altro prenderà il suo posto, in modo tale che il numero di barioni iniziale rimanga sempre quello. Secondo lo scenario di Oppenheimer però la stella dovrebbe collassare tutta in uno spazio talmente piccolo che sarebbe impossibile ipotizzare che i miliardi e miliardi di barioni iniziali, costituenti l'astro, possano essere tutti contenuti in uno spazio infinitesimale. Forse, pensò lo scienziato, i buchi neri potevano violare la legge di conservazione dei barioni. Lo scenario era inquietante e allo stesso tempo suggestivo tanto che lo scienziato parlò di "grande crisi della fisica".

Accanto a profondi contributi nel campo della ricerca, a Wheeler si devono due epocali svolte nel mondo della gravitazione: la soluzione del mistero legato alla singolarità di Schwarzschild e, finalmente, il nome da dare a un oggetto completamente collassato.

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