Dossier

Buchi neri. Da Mitchell alla teoria delle stringhe, l'evoluzione di un'idea

Buchi neri. Da Mitchell alla teoria delle stringhe, l'evoluzione di un'idea

Le tappe principali che hanno portato alla scoperta teorica dell'esistenza dei buchi neri, fino agli ultimi risultati legati alla teoria delle stringhe.

Locandina del film The Black Hole Reinhardt: Le interessano i buchi neri?

Alex: Come si fa a non essere affascinati dalla forza più micidiale dell'universo?

Kate: Il lungo e buio tunnel verso il nulla

Reinahardt: O verso qualcosa. E' proprio questa la domanda a cui dare risposta...

(The Black Hole, 1979)

Queste battute sono tratte dal film The Black Hole, pellicola tutt'altro che indimenticabile con co-protagonista uno scienziato decisamente squilibrato. Un brutto film con uno scienziato pazzo potrebbe far pensare a una sceneggiatura piuttosto misera, tuttavia questo breve dialogo sintetizza egregiamente il mistero e il fascino che si cela, è proprio il caso di dirlo, dietro a due semplici parole che come impatto massmediologico non sono state, e non sono, seconde a nessuno: buchi neri.

Ma torniamo per un momento al film.

Prodotto dalla Walt Disney per la regia di Gary Nelson e la partecipazione, tra le altre, di Antony Perkins e Ernest Borgnine, The Black Hole narra le peripezie dell'equipaggio di un'astronave che viene salvato dalle grinfie di un buco nero grazie all'intervento di un altro vascello spaziale governato da robot comandati dal folle dottor Reinhardt.

Animato da una perversa fama di conoscenza, il folle ha deciso di scoprire cosa si nasconde all'interno di un buco nero, attraversandone il limite di non ritorno alla vana ricerca di nuovi mondi. Limite che oggi conosciamo con un nome molto evocativo: orizzonte degli eventi.

Il film, piuttosto modesto anche se ha qualche sequenza di una certa suggestione, appartiene a quella folta schiera di racconti di fantascienza che prendono spunto da questi strani, e in parte misteriosi oggetti cosmologici. Tra interrogativi scientifici non ancora risolti e suggestioni fantascientifiche, ben poche parole hanno avuto la fortuna mediatica di queste due, introdotte la prima volta da John Wheeler alla fine degli anni sessanta e così ampiamente saccheggiate dalla letteratura di genere.

Anche Italo Calvino ha dato il suo personale contributo:

"Da qualche settimana tutti gli amici coi quali il signor Palomar capita di discorrere finiscono prima o poi per parlare di "buchi neri"…Da molto tempo un tema di ricerca scientifica fortemente specializzato e lontano da riflessi pratici diretti non suscitava tanta emozione come questo dei black hole. Merito soprattutto di una trasmissione televisiva molto ben fatta, andata in onda il 28 agosto, in cui astronomi e astrofisici americani, inglesi e italiani spiegavano le proprietà di questi inimmaginabili oggetti celesti.…Negli spettatori profani che l'anno seguita con passione, la trasmissione ha messo in moto un vortice di interrogativi. "Il black hole non è un buco vuoto ma è pieno di materia durissima e densissima", sostengono alcuni che hanno letto su un giornale un articolo forse un po' impreciso. "No. Il buco nero è una massa trasformata in pura energia". "No, è solo massa che ha perso tutta l'energia" (Corriere della Sera, 7 settembre 1975, nella rubrica: "Osservatorio del signor Palomar)

Quante domande, quanti interrogativi. Un "vortice di interrogativi", che non hanno fatto altro che aumentare la fama e le fantasie attorno a questi "mostri del cielo", come tante volte sono stati definiti nella letteratura popolare. La fama lugubre, e in parte meritata, di un buco nero si affianca al fascino legato alle caratteristiche di questi oggetti che lasciano aperta la via a numerose speculazioni, non ultima la possibilità che i buchi neri siano una sorta di portali su altri universi; d'altronde, come dice il dottor Reinhardt, "è proprio questa la domanda a cui dare risposta".

Insomma, alla fine, la domanda del savant fou disneyano potrebbe non essere del tutto folle, come avremo modo di scoprire.

Potrebbe far sorridere il fatto che il padre della teoria della relatività generale, vero pass par tou per ogni buon viaggiatore spazio-temporale, l'immortale Albert Einstein, fu tra gli scienziati più scettici e avversi all'idea di considerare possibile l'esistenza di simili mostruosità, e con lui molti altri grandi geni del secolo appena passato; ciò sottolinea come il rapporto buchi neri-scienza non fu mai semplice, e solo a partire dagli anni sessanta si diede la giusta importanza allo studio di queste anomalie nello spazio-tempo, riabilitando quella comunità scientifica che si stava dedicando a questi studi e che non era mai stata presa molto sul serio. Basti pensare che negli anni venti uno dei più grandi scienziati, ed esperti di relatività generale, Arthur Eddington aveva definito l'orizzonte degli eventi come un "cerchio magico".

Sarà John Archibald Wheeler con quel "black hole" ad alzare il sipario sulla questione e a far entrare nell'immaginario collettivo tutte quelle stramberie alimentate dalla letteratura di fantascienza e, diciamolo pure, dalle scoperte degli stessi scienziati.

Questo breve saggio intende ripercorrere le tappe principali che hanno portato alla scoperta teorica dell'esistenza dei buchi neri, fino a introdurre alcuni risultati legati agli ultimi aspetti della ricerca legati alla teoria delle stringhe.

E' stato scelto un approccio storico cronologico, con i pregi e i difetti che questo modo di esporre i fatti comporta, soffermandosi su quei personaggi e su quelle vicende che hanno caratterizzato una lunga, e spesso assai pregiudizievole, ricerca scientifica su uno dei più grandi misteri della Natura. Tranne che in rare e particolari situazioni si è evitato di discutere la fisica che governa questi straordinari oggetti, lasciando alla bibliografia finale il compito di suggerire testi divulgativi e specialistici per coloro che intendono approfondire l'argomento.

Quello che presentiamo qui è, insomma, un lungo viaggio alla scoperta dei buchi neri.

E come tutti i viaggi inizia con un primo lontano passo.

E' il passo compiuto più di due secoli fa da uno scienziato dilettante alle prese con argute congetture sulla massa delle stelle.

Tutto iniziò nel 1783 per merito di un pastore protestante.

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