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In effetti, l’evoluzione del concetto di buco nero si è snodata attraverso una serie di ostacoli cognitivi, paradossi e capovolgimenti del consolidato, tanto estrema è la sua natura. Ed è probabilmente questo senso di mistero che sembra in grado di rinnovarsi perpetuamente, questo continuo rilancio delle idee al di là degli orizzonti del buon senso che le “stelle oscure”, come erano originariamente battezzate, oggetti celesti tanto affascinanti sia per gli astrofisici che per la grande comunità dei curiosi.
L’occasione per l’opera prima – in senso divulgativo – di Monica Colpi è data da una notizia ampiamente rimbalzata sui giornali nel luglio 2004: il celebre astrofisico inglese Stephen Hawking chiede di intervenire a un congresso internazionale per annunciare che
Inutile dire che il tema è complesso. In questo contesto con
In poche pagine Monica Colpi riesce in due intenti non banali. In primo luogo raccoglie, contestualizzandoli scientificamente, gli stimoli a cui il grande pubblico è stato sottoposto: si tratta di un follow-up di cui si sente ferocemente il bisogno. È un modo intelligente e costruttivo per alzare il livello della divulgazione scientifica. In secondo luogo, la Colpi si mette in gioco, ottenendo il risultato di comunicare il senso più profondo della ricerca. Utilizzando un linguaggio del tutto libero dai luoghi comuni della divulgazione, si muove con naturalezza tra la tensione indirizzata a una comprensione razionale dell’universo e la sfida emotiva che la rappresentazione scientifica del mondo impone. In altri termini, tra il
Il formato stesso della collana
Una sola nota per il lettore: è chiaro che un paradosso viene percepito tanto meglio quanto più stridente sia l’apparente inaccettabilità delle conclusioni rispetto alla apparente accettabilità di premesse e ragionamento. Per godere di un paradosso, insomma, occorre essere in grado di interiorizzarne l’enormità, la dissonanza: Apollo, nonostante tutti i ragionamenti di Zenone, supera la tartaruga dopo pochi passi, facendosi beffe dell’infinita divisibilità dello spazio. E chiunque sia dotato di un minima dose di buon senso cercherebbe di sottrarsi alla freccia scagliata dall’arco, nonostante si possa dimostrare (paradossalmente) che non arrivi mai a bersaglio.
Nel nostro caso, in effetti, il “paradosso di Hawking” riesce ad apparire tale solo con una certa difficoltà: è difficile sostenere che la perdita di informazione in un buco nero sia un una “conclusione apparentemente inaccettabile”. Al senso comune appare debole. E tuttavia la rottura di un principio di simmetria che appare intrinseco alla fisica è veramente cosa stridente: come se si fosse scoperto che esistono notti oltre le quali il Sole non torna a sorgere.