Dossier

La storia medioevale

Una sede dove si fa solo storia: la Deputazione di Storia Patria

Eppure nel 1833 Carlo Alberto accolse il consiglio di Prospero Balbo di istituire un centro di studi storici, forse anche perché tranquillizzato dal fatto che i tre storici incaricati di realizzare il progetto erano funzionari del Ministero degli interni: Giuseppe Manno, Luigi Cibrario e Ludovico Costa. Brevetto La “Regia Deputazione sopra gli studi di storia patria”, fu all’inizio priva di limiti territoriali, poi fu affiancata da altre simili Deputazioni di altre regioni, ma nel prima e nel dopo la differenza produttiva a Torino non è evidente, perché sempre appare indirizzata sulla storia medievale degli stati sabaudi.

I “Deputati” si misero subito al lavoro in due direzioni: l’edizione di documenti (un migliaio di atti compresi fra i secoli VII e XIII, statuti, cronache furono editi nei cinque volumi degli Historiae patriae monumenta), e la pubblicazione di ricerche che, promosse essenzialmente per celebrare le glorie dinastiche, attingevano talora a risultati più alti, come nel caso dell'Economia politica del medioevo di Luigi Cibrario (1839), che affiancò questa opera tematica a opere più tradizionali dedicate ai Savoia e a Chieri medievale.

Dopo il 1848, con la nuova denominazione di «Deputazione per le antiche province e la Lombardia», accentuò contatti e approfondimenti. Forse non suggerì indirizzi, non sempre pubblicò direttamente le opere, ma certamente tenne in connessione il lavoro di studiosi che procedettero a ricostruzioni rilevanti della storia medievale subalpina: Vallauri per la storia dell’Università, Duboin per la legislazione in tema economico, Duc per la storia valdostana, Desimoni per marche e marchesi fra Liguria e Piemonte, e, per diverse storie territoriali, Muletti, Adriani, Manuel di San Giovanni.

I cinquant’anni compresi fra il 1833 il 1883 - illustrati con schede minuziose da Antonio Manno nel suo volume sull’opera cinquantenaria della Deputazione - videro una circolazione di studiosi fra tre istituzioni regie: l’Accademia delle Scienze, gli Archivi e la Deputazione. L’ultima, con la sua specializzazione in campo storico, costituiva in questo settore un nodo centrale e un nucleo di promozione di ricerca, anche se mai per storici professionali: lo studio del passato era, in quegli anni, riservato ad alti funzionari del regno e a nobili impegnati in politica.

In parallelo erano confluite nella Deputazione le ricerche di storia religiosa, a partire dalla cooptazione nel 1860, come “deputato”, del canonico Bosio. Nelle collane della Deputazione entrarono le ricerche di Luigi Giuseppe Provana del Sabbione su S. Michele della Chiusa e sui monasteri torinesi di S. Solutore e S. Andrea, di Celestino Combetti sulla cronaca di Novalesa, di Giuseppe Croset Mouchet su S. Maria di Pinerolo e Guglielmo da Volpiano, di Gustavo Avogadro di Valdengo (che pubblicò altrove una Storia della abbazia di S. Michele della Chiusa). Di particolare qualità fu uno scolaro di Sclopis reclutato in Deputazione nel 1863: Gaudenzio Claretta, frequentatore assiduo degli archivi, sviluppò in un’importante e documentata ricerca su S. Michele della Chiusa le sue ricerche inizialmente dedicate alla Val Sangone. Con Claretta si trovava la connessione fra storia sabauda e storia monastica ma in relazione alla seconda, in modo ideologico, si aggiravano sistematicamente le critiche illuministiche.

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