Dossier

La storia medioevale

Il contributo dell’Accademia delle Scienze alle ricerche sul medioevo

L’Accademia delle Scienze, nata in forma privata nel 1757 e riconosciuta come istituzione dello Stato sabaudo nel 1783, arricchì le prospettive degli studi storici. Nell’Accademia fu creata, in età napoleonica, la «classe di scienze storiche, filologiche e morali», e questa fu davvero la svolta. La storia (che allora era essenzialmente storia medievale, quando non si proponeva scopi diacronici di universalismo) trovò modo di essere sottratta al dilettantismo e all’iniziativa individuale, di essere praticata e comunicata in una sede ufficiale. La formalizzazione della sede determinò apertura al confronto: il tradizionale sabaudismo genealogistico si arricchì - nei contenuti ma soprattutto nei metodi - grazie ai rapporti con le esperienze di ricerca in atto nel resto d’Italia, in Francia e in Germania. Anzi, l’Accademia torinese fu culturalmente meno nazionalista di altre simili comunità accademiche italiane: e nel favorire l’apertura e i contatti con la ricerca d’Oltralpe furono in modo speciale proprio gli storici.

La ricerca storica pagava, tuttavia, un altro pedaggio, in certo senso ereditato dall’antica tradizione degli storici di corte, inevitabilmente ispirati ad atteggiamenti encomiastici. Si diffidava della possibile autonomia della storia rispetto alla politica e, anzi, si riteneva quel legame doveroso e auspicabile. La riconosciuta funzione “civile” della storia da un lato caricava la disciplina di responsabilità ‘alte’, dall’altro la distingueva, in modo penalizzante, dalle riflessioni scientifiche e letterarie. Non a caso Prospero Balbo, presidente a vita dell’Accademia, scriveva nel 1825 «la professione di storico è più faccenda da uomo di Stato che di lettere; o per dir meglio, è da uomo che unisca le due facoltà. Di fatto, uomini di Stato furono i più degli italiani scrittori di storia, per molte parti egregi». Non è solo una conferma della connessione, considerata normale, fra storiografia e pratica di governo; ma anche dell’inserimento non facile della storia negli ambiti delle arti liberali e dell’eloquenza, là dove gli ordinamenti universitari torinesi l’avevano sempre collocata.

La presenza delle “scienze storiche” al primo posto della “classe” umanistica dell'Accademia delle Scienze suggerì in ogni caso, nonostante le convinzioni di Balbo, un autonomo sviluppo delle ricerche sul passato. Federico Sclopis di Sclaverano Un saggio di Federico Sclopis sui Longobardi è segno di una impegnata ripresa delle ricerche sul medioevo, ripresa aiutata anche dai concorsi banditi dall’Accademia: «per la migliore dissertazione che illustri un punto rilevante della storia del Piemonte» nel 1828, e, successivamente, per ricerche sull'«origine delle istituzioni municipali in Italia» (ma nessuno si presentò), sulle «vicende della proprietà dalla caduta dell'Impero romano fino all'epoca dello stabilimento de' feudi in Italia» (vincitori furono Carlo Baudi di Vesme e Spirito Fossati); sull'«origine delle Compagnie di ventura in Italia» (premio assegnato a Ercole Ricotti).

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