La storia nell'infanzia dell'Università
Nello
Scipione Maffei individuò in Vittorio Amedeo II un interlocutore attento al funzionamento dell’Università, e ne approfittò per porre la questione delle conoscenze storiche. Un suo progetto di riforma, del 1717, proponeva l’istituzione di un insegnamento di “Storia universale e cronologia”, affiancato da una cattedra di “Storia ecclesiastica”. La proposta non fu accolta. Il consigliere ascoltato fu invece Francesco d'Aguirre, per nulla attento all’autonomia della storia come disciplina d’insegnamento. In questa riforma l’“Eloquenza”, prima latina e poi italiana, doveva comprendere in sé le nozioni di storia.
Un quadro organizzativo di questo genere non poteva, né forse voleva, reprimere gli interessi verso la ricostruzione del passato, fatti propri da singoli studiosi: Bernardo Andrea Lama, Carlo Denina, Gian Francesco Galeani Napione, a cui si deve la stesura del Discorso sopra l'arte istorica del 1773. Ma una certa estraneità piemontese e torinese ai dibattiti su cultura e scuola dell’illuminismo italiano ed europeo può spiegare la permanente inerzia nel professionalizzare la pratica storica. Di storia e del suo insegnamento si discuteva nell'Accademia sampaolina e nella Filopatria, ma non nel rapporto torinese fra potere sabaudo e università.