Dossier

La storia medioevale

La metà del novecento e la nuova medievistica torinese

Dal 1958 al 1960 l’insegnamento di Storia medievale, a Lettere, visse nella provvisorietà. Per un anno tenne il corso il modernista Franco Venturi, per uno Geo Pistarino (scolaro di Giorgio Falco, chiamato poi a Genova), per il terzo Natale Grimaldi, lo stesso che aveva provvisoriamente sostituito Falco durante le leggi razziali. La continuità dell’insegnamento di Falco era rappresentata da un’assistente, Alessandra Sisto che, applicando più i metodi giovanili del maestro che non i suoi orientamenti idealistici, pubblicò un libro sui Banchieri-feudatari subalpini. Dopo un intermezzo di qualità (dall’anno accademico 1960-61 al 1965-66) intepretato da Raoul Manselli e dai suoi temi religiosi ed ereticali, furono due laureati di Cognasso, entrambi molto lontani ideologicamente da lui, a segnare il passaggio della medievistica torinese a ricerche aggiornate, in dialogo con la storiografia internazionale maggiore e in grado di mettere al lavoro, in modo sistematico, nuove generazioni di studiosi: Giovanni Tabacco, laureato nel 1939, sul piano socio-istituzionale (sotto l’influenza della lettura di Marc Bloch e della migliore produzione tedesca), avrebbe costituito progressivamente una robusta scuola nella Facoltà di Lettere e Filosofia; Anna Maria Nada Patrone, tra gli ultimi laureati di Cognasso, sul piano economico e della cultura materiale (e qui all’esempio della Daviso di Charvensod si aggiunsero influenze francesi), arrivò nel 1969 all’insegnamento nella Facoltà di Magistero, formando allievi che ne hanno variamente sviluppato i temi economico-sociali.

Cognasso continuò a presiedere la Deputazione (fino alla presidenza di Viora incominciata nel 1968) e a dirigerne il “Bollettino” (fino alla direzione assunta da Tabacco nel 1970). La metà del Novecento aveva dunque compiuto la ricomposizione fra la dimensione del locale e i grandi (e rinnovati) temi del medioevo. Giovanni Tabacco e Anna Maria Nada Patrone (presenti e attivi anche nella Deputazione subalpina di storia patria), inauguravano a metà del Novecento - prima di proiettarsi nella loro successiva carriera - una stagione costruttiva della medievistica torinese: aperta al dibattito internazionale ma aliena dalla vacuità dei corsi universitari su temi generici, impegnata nelle ricostruzioni di storia territoriale ma sottratta alle nostalgie e al provincialismo.

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