Lo scambio di competenze fra istituzioni di ricerca
Queste tre istituzioni regie nulla avevano a che fare, d’altra parte, con l’insegnamento. La ricerca storico-medievistica che si stava conducendo fluiva pochissimo nelle aule universitarie. Prima della cattedra di “Storia militare” affidata a Ricotti nel 1846, la presenza universitaria della storia si affaccia con la richiesta di Carlo Alberto a Pier Alessandro Paravia, docente di “Eloquenza italiana”, di tenere un corso dedicato alla “Storia subalpina” mentre in parallelo Tommaso Vallauri, docente di “Eloquenza latina”, immetteva sotto quel titolo i propri interessi, sottolineando l’utilità dei saperi storici. Intanto Ricotti era stato affiancato, nel 1867, da uno studioso di storia antica, Luigi Schiaparelli, pronto a espandere la sua formazione filologico-documentaria anche al medioevo: pubblicò un manuale di «
Dalla metà dell’Ottocento si apriva, proprio grazie all’Università, la possibilità di rendere del tutto professionale la ricerca storica: docenti pagati per insegnare che erano messi in grado, in stretta connessione con la didattica, non solo di sviluppare i loro studi sul passato, ma anche di proporsi per i vertici delle altre istituzioni culturali torinesi. La Deputazione, ad esempio, dopo essere stata presieduta da Federico Sclopis, giurista, duro monarchico e cattolico inflessibile - e quindi, nella sua pratica storica, sabaudista e e di miope municipalismo - fu presieduta dal 1878 al 1884 da Ercole Ricotti, la cui cattedra universitaria di “Storia militare” aveva nel frattempo assunto, come abbiamo visto, la denominazione di “Storia moderna”. La modifica non fu tanto nei contenuti: la storia, nei grandi centri di ricerca torinesi, continuò a essere una rivisitazione del passato volta a legittimare la politica del presente. Ma la pratica del reclutamento in quelle istituzioni (insegnanti e professionisti della storia più che funzionari dello Stato) era destinata a dare i suoi frutti.
Con un importante direttore dell’Archivio di Stato, Nicomede Bianchi, siamo ancora in una fase di transizione. I suoi 5 volumi di
Tuttavia chi amava occuparsi degli argomenti avversati da Bianchi non ne veniva distolto: è significativa, in questo senso, la presidenza della Deputazione, dal 1884 al 1910, di Domenico Carutti, sabaudista interessante e curioso, ma anche convinto nel percorrere una strada encomiastica rispetto al passato della dinastia. Neppure questo bastava: pesava l’incipiente orientamento filologico della medievistica universitaria e la scarsa rispondenza, da parte della Deputazione, alle ambizioni dei tanti storici locali periferici che desideravano vedere pubblicate con sistematicità le loro ricerche. In quegli stessi anni una nuova Società, di cui si parlerà fra poco, rispose a queste esigenze.