Dossier

La storia medioevale

La cattedra universitaria di storia medievale

Nell’anno accademico 1929-30, dopo la morte di Egidi, fu chiamato a succedergli Giorgio Falco: torinese, laureato a Torino con Fedele, ulteriormente formatosi a Roma, come alunno della Società Romana di storia patria, già noto per i suoi importanti studi sull'amministrazione papale e sui comuni della Campagna e della Marittima nel medioevo. Nel successivo anno accademico l’insegnamento fu finalmente sdoppiato, e al medievista Falco fu assegnata la cattedra di “Storia medievale”. Lo studioso stava vivendo una fase culturale di transizione. Se avesse importato a Torino le categorie collaudate nei sui studi sul Lazio (ancor oggi giudicate le migliori della sua produzione) sarebbero arrivati gli stimoli della scuola economico-giuridica e gli spunti migliori della storiografia di Gioacchino Volpe. Invece, dopo sedici anni di insegnamento secondario, Falco aveva ormai aderito allo storicismo crociano, e avvertiva (come risultò, subito, dalla sua prolusione) la necessità di dare una risposta unitaria, un ‘senso’ al millennio medievale, trovandolo nella “formazione d'Europa su base cristiana e romana”: orientamento che si impone sia nel libro La polemica sul Medio Evo (pubblicato nel 1933 dalla Deputazione, di cui Falco fu socio), sia nell’altra sua più famosa opera, La Santa Romana Repubblica, terminata nel 1937.

Era difficile costruire una scuola con tanta preoccupazione di rifuggire dall’erudizione e dal localismo (Torino gli appariva “veleggiare in pieno oceano di erudizione”), era difficile coordinarsi con altri più o meno giovani studiosi da guidare, come era invece avvenuto negli anni di Egidi. Quella di Falco fu per Torino la stagione di una storia medievale resa affascinante da lezioni circondate in città da notevole fama (anche fuori dell’ambiente studentesco), ma di riapertura della scissione fra storia generale e storia locale: troppo occasionali furono un intervento celebrativo su Arduino di Ivrea e un articolo sul castello di Fossano, con edizione di fonti contabili della castellania. Troppo tardivi (del 1943 e del 1944) alcuni comprovati ripensamenti sulla validità dell’idealismo e dello storicismo.

Anche l’intitolazione specifica della cattedra determinò forse un certo isolamento, facendo sì che alcune delle più interessanti ricerche di storia medievale piemontese fossero piuttosto stimolate dall’insegnamento di storia del diritto: da questa cattedra, attraverso l’opera di Mario Chiaudano (La finanza sabauda nel secolo XIII) e di Mario Viora, si introduceva, negli studi giuridici rivolti all’apparato sabaudo di potere, la componente storico-sociale.

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