Conoscere la storia dell’universo e delle stelle che lo popolano è ora possibile.
Immaginate di avere un libro, in cui è stata scritta una storia del passato, ma che questo sia di difficile comprensione perchè le pagine sono state ingiallite dal tempo, si sono rovinate, alcune sono andate perdute. La curiosità di conoscerne il contenuto però è troppo grande per abbandonare il progetto, e quindi, l’atteggiamento che sorge spontaneo di fronte a questa iniziale difficoltà è quello di cercare di ricostruire il tutto attraverso le parole e le parti comprensibili.
Un ragionamento analogo è stato fatto dai ricercatori che leggono i dati forniti dal telescopio spaziale Fermi, progetto cui partecipa l’Agenzia Spaziale Italiana (Asi) in collaborazione con l’Istituto Nazionale di Astrofisica (Inaf) e l’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (Infn). Ne è nato così lo studio pubblicato su Science a firma dell'italiano, Marco Ajello
Nella luce di fondo extragalattica, la luce che permea l'intero universo e che è costituita da fotoni di varia lunghezza, è impressa buona parte della storia dell'universo, ma riuscire a "leggerla" risulta estremamente complesso, perchè questa luce viene oscurata dalla radiazione proveniente dal nostro Sole e dalla Via Lattea.
Grazie però alla misura del tasso di sopravvivenza dei fotoni gamma prodotti da altre distanti galassie, dopo che questi raggi hanno interagito con il "fondo" di luce extragalattica, Fermi riesce a fornire informazioni sulla radiazione prodotta da antiche stelle.
In particolare c'è da sapere che i fotoni gamma di alta energia sono estremamente penetranti. Non possono essere riflessi perché attraversano ogni tipo di specchi. Quasi nulla riesce a fermarli, a meno che non incontrino sul loro cammino altri fotoni di energia ben determinata (tale che la combinazione delle energie dei fotoni sia pari al doppio del quadrato della massa di un elettrone). In questo caso, l’incontro dei due fotoni li distrugge entrambi e crea una coppia di particella-antiparticella, un elettrone e un positrone. L’energia dei fotoni viene trasformata nella massa della coppia di particelle. Mentre l’energia totale, prima e dopo la trasformazione, viene ovviamente conservata. Questo effetto (che si chiama assorbimento fotone-fotone) fa diminuire il numero dei fotoni gamma che arrivano ai nostri strumenti, dopo che hanno incontrato i fotoni della luce di fondo.
Se nel nostro "fondo" ci sono quindi pochi fotoni, anche l’assorbimento sarà modesto. Uno spazio pieno di fotoni, invece, provocherà un assorbimento più marcato. Questo metodo, quindi, permette di stimare, anche se in modo indiretto, la densità di fotoni ottici e ultravioletti, quelli prodotti dalle stelle che si sono succedute in diverse generazioni dall’inizio dell’Universo e che gli astronomi fanno molta fatica a misurare direttamente.