Dossier

Cinquant’anni di DNA – Parte I

Il DNA e la rivoluzione in medicina

Lo studio dell’influenza dei geni piuttosto che dell’ambiente su determinati caratteri e malattie è stato compiuto in larga parte dall’analisi dei gemelli monozigoti, in particolari su quelli separati alla nascita. I gemelli monozigoti hanno in comune lo stesso patrimonio genetico, per cui praticamente tutte le differenze osservabili sono relative all’ambiente in cui sono vissuti. In questo modo è stato possibile catalogare i carattere in base alla percentuale di componente genetica e di quella ambientale. Ad esempio, andando da quelli in cui è predominante l’influenza genetica a quelli in cui prevale l’ambiente abbiamo: la psoriasi, la depressione maggiore, la schizofrenia, il quoziente QI, il diabete, l’asma, le malattie cardiovascolari, il cancro e la sclerosi multipla.

Inizialmente si pensava, per quanto riguarda le malattie, che la situazione fosse binaria: gene funzionante persona sana, gene alterato persona malata. Questo come abbiamo già visto capita solo in alcune situazioni, per giunta rare. Nella maggior parte dei casi le cose sono più sfumate, di ogni gene ne esistono più varianti, ciascuna funzionante, ma alcune maggiormente correlate all’insorgenza di una determinata malattia. Si stima che in ognuno di noi esista più di un gene che ci predisponga ad una qualche malattia fatale, ma che questa non si manifesti perché non sono presenti le condizioni ambientali necessarie. Un esempio in proposito, è l’ipertermia maligna che si osserva in determinati soggetti in seguito alla somministrazione dell’anestesia e che causa inevitabilmente morte. E’ chiaro che se uno non si sottopone ad anestesia non può sapere se corre o meno questo rischio (a tutt’oggi non sono stati identificati geni direttamente correlati con questo fenomeno). Probabilmente lo studio dell’influenza della genetica riceverebbe un grande impulso da un programma di analisi genetica a tappeto sulle popolazioni, cosa ad oggi non possibile a causa dell’influenza sociale che studi di questo tipo potrebbero avere. Nonostante non sia possibile stabilire nel 99% dei casi una correlazione fissa tra malattia e genetica, è diffusa nella popolazione l’idea che i dati genetici possano essere utilizzati per discriminazioni sul posto di lavoro e da parte delle assicurazioni sulla salute, oltre all’inquietante idea di dover convivere con la conoscenza di possedere determinate predisposizioni genetiche a malattie. Questa tematica apre un grosso problema etico sulla conoscenze derivanti dalle analisi genetiche, sia per quanto riguarda l’utilizzo di questi dati che per il ritardo che il mancato studio genetico potrebbe portare sui progressi della medicina.

Quello che sappiamo per il momento è che siamo ancora lontani da quella rivoluzione, che probabilmente si verificherà, che è la medicina predittiva.

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