Dossier

Cinquant’anni di DNA – Parte I

Il DNA e l’arte

Nessuna molecola al pari del DNA ha ricevuto così tante attenzioni dal mondo non accademico da diventare una vera e propria icona dei nostri giorni. Compare in tutti i mezzi di comunicazione noti e in tutte le forme di arte, dalla pittura all’architettura, nel cinema come nella musica.

Nella storia dell’arte esistono delle immagini che si sono affermate nella coscienza collettiva, al di fuori del contesto in cui sono nate, chiamate superimmagini. La doppia elica del DNA è sicuramente un esempio, un’immagine che porta in sé un enorme bagaglio di associazioni non correlate, almeno direttamente, al contesto scientifico che l’ha partorita.

Secondo Martin Kemp, del Dipartimento di Storia dell’Arte dell’Università di Oxford, Watson e Crick sono identificati nell’immaginario comune nella doppia elica del DNA, esattamente come Leonardo da Vinci è identificato dal suo più celebre quadro, la Monna Lisa, un esempio storico di superimmagine.

La prima rappresentazione della molecola del DNA è stata costruita nel 1953 da Watson e Crick nel loro laboratorio.

Il modello della doppia elica del DNA di Watson e Crick è stato poi pazientemente ricostruito, utilizzando in parte il materiale originario, ed ora è esposto nel Science Museum di Londra.

La prima immagine che è stata diffusa è invece un disegno effettuato dalla moglie di Crick, Odile, pubblicato sull’articolo originale dei due scienziati, l’unica immagine presente in tutto il lavoro.

In seguito molti illustratori si sono cimentati con la rappresentazione grafica di questa molecola, prima fra tutti la disegnatrice Keith Roberts che ha curato le illustrazioni delle diverse versioni del testo di Watson, la “Biologia molecolare del gene” (1965).

In seguito, l’aumento della comprensione dei meccanismi che caratterizzano la funzione del DNA e lo sviluppo della computer grafica, hanno stimolato la produzione di immagini tridimensionali, in movimento e spesso interattive, con un intento palesemente didattico. Altro è la rappresentazione al di fuori del contesto scientifico scolastico e scientifico, dove quest’icona ha affermato l’immagine della biologia molecolare come scienza che poggia su basi solide e che si distingue nettamente da altre discipline scientifiche nel campo delle Scienze della Vita.

La doppie elica è diventata icona di messaggi più generali ed è stata incorporata nei loghi di laboratori, aziende ed associazioni consolidando l’immagine di questi con la sua funzione comunicativa.

Nell’immaginario collettivo la doppia elica porta con sé un immagine positiva, che racchiude la conoscenza ed è pregna di significati sociali. Queste caratteristiche, unite all’indiscutibile bellezza della sua forma, la rende una ghiotta rappresentazione per gli artisti.

Alcune istituzioni accademiche hanno commissionato ad artisti la realizzazione di monumenti che rappresentano il DNA. Tra questi si annoverano “Il ritratto di una sequenza di DNA” di Roger Berry (1998) presso l’Università della California e “La spirale tempo – il tempo spirale” di Charles Jenks (2000) su una collina del Cold Spring Laboratory, su commissione di Watson attuale presidente del centro di ricerca.

Sulla molecola di DNA si sono concentrati numerosi artisti, alcuni dei quali la hanno ridisegnata in base a principi estetici, come nel caso di Mark Curtis, alcuni in una visione fantastica, come nel caso dell’artista surrealista Salvador Dali, che la correla a visioni oscure e morbose della sessualità. Altri autori la posizionano in messaggi che riflettono le implicazioni sociali della biologia molecolare e dell’ingegneria genetica.

Negli artisti contemporanei si osserva invece la volontà di lavorare con il DNA, piuttosto che utilizzarlo come semplice icona, farne diventare arte la sua funzione e le sue implicazioni biologiche. Tra questi, molti in verità, ricordiamo: Suzanne Anker, David Kremers, Ellen Levy, Sonya Rapoport, Gary Schneider.

La storia dell’icona del DNA, con alti e bassi non si chiude qui, basti pensare alla recente introduzione sul mercato di un profumo denominato proprio “DNA”, da “utilizzare per tutte le occasioni”. Mai slogan probabilmente fu più azzeccato.

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