Dossier

L'universo in evoluzione di Edgar Allan Poe

La cosmologia scientifica di Poe

Alla stessa corrente che accomuna Lemaître e Poe, appartiene anche l’ipotesi di Kant-Laplace per spiegare la formazione delle galassie, alla quale entrambi si ispirano.

La galassia a spirale NGC 2997 Poe applica l'ipotesi di Laplace su scala cosmologica, in un quadro grandioso. È durante il collasso dell'universo che si formano, a partire dallo stato di nebulose, le stelle con i loro sistemi planetari: Poe qui veste i panni di un eloquente ed efficace divulgatore e descrive a grandi linee i meccanismi proposti da Laplace, la formazione e separazione successiva di vari anelli che portano alla formazione dei pianeti, prima i più esterni e successivamente i più interni, mentre il Sole nasce dalla condensazione centrale.

Egli deride l'idea che la rotazione originaria sia stata impartita da Dio (un'idea che certamente non avevano più gli scienziati dell'epoca, ma che doveva avere una qualche diffusione a livello popolare, un po' come l'identificazione fra Big Bang e Genesi ai giorni nostri...). E a proposito dell'ipotesi di Laplace, Poe afferma: “È invero di gran lunga troppo bella per non cogliere la Verità nella sua essenzialità -e sono qui assai profondamente serio in ciò che dico”.

In effetti, nonostante i dettagli dell'idea di Laplace non siano oggi più validi, l'idea di fondo è stata confermata: oggi si possono osservare addirittura i dischi protoplanetari. Durante il processo di contrazione della nebulosa, il Sole si accende: “Così il Sole, nel processo della sua aggregazione, deve presto, nello sviluppare la sua repulsione, essere diventato eccessivamente caldo -forse incandescente”.

Ma non è detto che tutte le stelle siano luminose: “Di nuovo: -sappiamo che esistono soli non luminosi- ovvero, soli la cui esistenza viene determinata attraverso i moti di altri [soli], ma la cui luminosità non è sufficiente a svelarceli”.

%22Buco nero%22 di T. Regge (1995) È una frase che ci appare a posteriori quasi profetica, ma certo Poe non allude a corpi talmente massicci che la luce non può sfuggire, ovvero a buchi neri, ma a corpi che non sono abbastanza luminosi. Egli sapeva evidentemente che nel 1838, in seguito alla scoperta di un compagno piccolo e massiccio ma invisibile attorno alla stella Sirio (si trattava di una nana bianca), l'astronomo tedesco Friedrich Wilhelm Bessel aveva preso in seria considerazione la possibilità che esistessero stelle non luminose. Bessel scrisse: “Non c'è ragione di supporre che la luminosità sia una qualità essenziale dei corpi cosmici. La visibilità di innumerevoli stelle non è un argomento contro l'invisibilità di innumerevoli altre”.

Poe, da coerente evoluzionista, estende la sua trattazione alla vita sulla Terra: egli lega il processo di formazione del sistema solare, e le successive scariche del Sole, all'evoluzione di nuove specie sulla Terra: “Ora ciò è in preciso accordo con quello che sappiamo della successione di animali sulla Terra. Mentre [la Terra] ha proceduto nella sua condensazione, razze via via superiori sono apparse”.

Poe arriva addirittura a suggerire che l'eventuale formazione di un nuovo pianeta interno a Mercurio potrebbe portare all'apparizione di una specie più evoluta dell'uomo.

In realtà l'ipotesi nebulare di Laplace, molto popolare in America, cominciava già ad essere sottoposta a serie critiche. Sembrava infatti essere contraddetta dalle osservazioni di Lord Rosse, che parevano mostrare che tutte le presunte nebulose fossero in realtà ammassi di stelle lontani. A questo punto, non sembrava esserci più alcuna evidenza a favore dell'esistenza di una materia nebulare (gas) nello spazio, condizione necessaria per l'ipotesi di Laplace.

La replica di Poe a questa obiezione appare quanto mai ingegnosa: egli sottolinea che la formazione delle stelle è avvenuta nel passato, pertanto noi possiamo osservare oggi solo sistemi di stelle paragonabili alla Via Lattea. Come gli astronomi della sua epoca, Poe ignorava che la classe delle nebulose comprende oggetti molto diversi fra loro; ma il suo ragionamento appare logico, e lo porta a concepire quella che noi oggi chiamiamo epoca di formazione delle galassie.

La galassia NGC3718, una spirale dalle caratteristiche inusuali. Nella terminologia di Poe, le nebulose sono in effetti ammassi (clusters) di stelle, ovvero sistemi paragonabili alla Via Lattea: le galassie. Poe segue in questo l'opinione di Wright, di Kant, e del primo Herschel. La Via Lattea, che noi vediamo dall'interno come una fascia proiettata sul cielo, ha una forma molto vagamente simile al pianeta Saturno. Le altre nebulose si trovano a distanze enormi, di milioni di anni-luce (le stime sono quelle di William Herschel, e sono corrette come ordine di grandezza se ci riferiamo alle galassie più vicine). L'Universo delle Stelle è allora un ammasso di ammassi [cluster of clusters] ovvero, in termini moderni, un ammasso di galassie situato in uno spazio vuoto e in(de)finitamente esteso.

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