Computer a DNA
Un assemblato di molecole di DNA è in grado di processare dati in maniera simile a quella di un microchip di un computer. Inoltre, possiede le potenzialità di sciogliere problemi molto più complessi e immagazzinare un maggior quantitativo di informazioni, utilizzando un quantitativo di energia sostanzialmente inferiore rispetto ai dispositivi elettronici.
Il primo studio a riguardo risale al 1994, ad opera del gruppo di lavoro di Leonard Adleman, e riguarda la risoluzione di un problema chiamato “Hamiltonian path”. In breve, il problema richiede di stabilire se esiste un percorso che collega due città avendo a disposizione solo l’elenco incompleto delle strade disponibili.
Adleman ha utilizzato i filamenti di DNA per rappresentare le città e le strade. Ha scelto le sequenze dei filamenti di modo che ciascuno di quelli rappresentanti una strada si connettesse, grazie alle estremità appiccicose, ad altri due filamenti rappresentanti le città. Mescolando insieme i filamenti, ed eliminando tutte le risposte sbagliate ha dimostrato che i filamenti di DNA sono in grado di auto-assemblarsi per risolvere il problema.
Quindi, l’utilizzo del DNA come microchip si basa sul principio che questa molecola può essere programmata per andare incontro ad auto-assemblaggio seguendo algoritmi, processo alla base del calcolo computazionale.