Dossier

Le scienze economiche a Torino tra metà Settecento e metà Novecento

Le scienze economiche a Torino tra metà Settecento e metà Novecento

La storia dell'insegnamento delle scienze economiche a Torino tra metà Settecento e la prima metà del Novecento

L’economia a Torino nella seconda metà del Settecento è connotata dal prevalere di un orientamento mercantilista radicato nella burocrazia sabauda e dall’emergere della riflessione classica e liberista con Giambattista Vasco.

Durante il periodo napoleonico e nel corso della restaurazione si assiste a una stasi nella riflessione economica: l’economia, vista come una scienza ‘sospetta’, ha difficoltà ad affermarsi.

Con Carlo Alberto e la ripresa riformatrice la riflessione economica rinasce. I protagonisti di questa rinascita sono prima uomini quali Giacomo Giovanetti e Carlo Ilarione Petitti di Roreto, di cultura ancora settecentesca, e poi uomini che si formano sui nuovi testi dell’economia classica: Camillo Cavour, Carlo Ignazio Giulio, Antonio Scialoja e Francesco Ferrara.

Dopo il declino di metà secolo, gli studi economici a Torino ricevono un nuovo impulso con l’assegnazione nel 1878 della cattedra di economia politica a Salvatore Cognetti de Martiis, che nel 1893 fonda il Laboratorio di economia politica, fucina di numerose personalità di studiosi in contatto con i più prestigiosi ambienti della cultura economica europea.

Nella prima metà del Novecento, grazie a Luigi Einaudi, si afferma una scuola economica torinese che troverà riconoscimenti anche all’estero. Intorno ad Einaudi si crea un gruppo di collaboratori di valore: Giuseppe Prato, Pasquale Jannaccone e Attilio Cabiati le figure più importanti. La Riforma Sociale è il loro principale centro di elaborazione. Essi seppero produrre un sistema di pensiero che esprime in modo articolato una concezione liberale dell’economia e della società. Per loro il liberalismo significò non soltanto una teoria economica o politica ma «una vera e propria visione del mondo».

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