Dossier

Le scienze economiche a Torino tra metà Settecento e metà Novecento

I Maestri e gli allievi

I maestri della scuola torinese di economia, e Luigi Einaudi più di ogni altro, ebbero un’influenza considerevole sulle giovani generazioni. Si formarono alla loro scuola uomini che lasciarono un’impronta ma che non seguirono la carriera accademica, come Piero Gobetti, Ernesto Rossi, Carlo Rosselli e Raffaele Mattioli. Gli ultimi due furono allievi e collaboratori anche di Attilio Cabiati. Vanno ricordati poi accademici e studiosi illustri come Piero Sraffa o più modesti come Attilio Garino Canina, Vincenzo Porri, Francesco Antonio Repaci (Sraffa si laureò con Einaudi per poi trasferirsi a metà degli anni venti a Cambridge su invito di John Maynard Keynes, dove divenne uno dei maggiori economisti del secondo dopoguerra. Repaci, 1888-1978, succederà a Einaudi sulla cattedra di scienza delle finanze nel 1949).

Gino Borgatta Si formarono alla scuola torinese economisti come Gino Borgatta (1888-1949) (redattore alla «Riforma Sociale»), Benvenuto Griziotti, Mauro Fasiani, Gustavo Del Vecchio e Giovanni Demaria (entrambi alla Bocconi negli anni trenta), e soprattutto Renzo Fubini (1904-1944), il più importante continuatore del pensiero einaudiano nel campo della scienza delle finanze.

I discepoli di Einaudi e degli altri maestri della scuola di economia di Torino sono una schiera vasta e spesso non censita. In parte essi hanno condiviso con i maestri la linea di pensiero economico e il credo politico e di politica economica, in parte hanno dissentito nell’uno o nell’altro ambito, ma tutti hanno appreso il loro metodo rigoroso nella ricerca su temi di economia e di storia. È questo il lascito più duraturo della scuola torinese di economia.

Con il fascismo e la guerra, gli economisti torinesi trovarono difficoltà crescenti ad esprimere il loro credo e diffondere il loro insegnamento. In quel tragico frangente i Maestri – e soprattutto Einaudi e Cabiati, Giuseppe Prato essendo morto nel 1928 ed essendosi Pasquale Jannaccone defilato - restarono un esempio di comportamento, critici dell’economia corporativa e delle scelte economiche oltre che politiche, senza cedere né alle lusinghe né alle minacce del regime. Alla caduta del fascismo e nell’immediato dopoguerra si ripropose la possibilità di contribuire alla crescita economica e civile dell’Italia, ma gli economisti torinesi si ritrovarono in pochi: Cabiati era gravemente malato, Jannaccone in difficoltà politiche, i migliori allievi lontani, alcuni morti, come Renzo Fubini ucciso nei campi di concentramento nazisti. Sarà ancora Einaudi, tornato dall’esilio svizzero, come governatore della Banca d’Italia prima, membro dell’Assemblea costituente poi, quindi ministro, prima di diventare primo Presidente della Repubblica italiana, a diffondere con gli scritti e applicare con la sua attività, il messaggio liberale e liberista della scuola torinese. Nel triennio 1945-’47 egli diede un’impronta liberista al governo della moneta e dell’economia italiana seguendo quelle linee guida da sempre sostenute: lotta all’inflazione, adesione agli accordi internazionali, cooperazione con le banche centrali dei paesi alleati, abolizione delle bardature di guerra e ripresa del libero mercato. All’inizio del 1947 le crescenti tensioni inflazionistiche indussero Einaudi a decidere una stretta monetaria, nota come «linea Einaudi». La manovra arrestò l’inflazione e fu la premessa di un lungo periodo di stabilità monetaria, seppure al costo di un temporaneo ristagno dell’attività produttiva, e pose le condizioni perché l’economia italiana potesse iniziare un lungo ciclo di crescita.

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