Dossier

Le scienze economiche a Torino tra metà Settecento e metà Novecento

L’ordine economico liberale a livello internazionale

Il sistema di economia liberale elaborato dagli economisti torinesi si completa con gli studi di economia internazionale che Attilio Cabiati dedicò al tema dell’ordine monetario internazionale. La sua posizione, come quella degli altri economisti torinesi, è assimilabile a quelle favorevoli al «tipo oro». Cabiati interpreta le vicende del sistema monetario internazionale avvenute nel periodo della grande crisi alla luce della teoria classico-ricardiana. Il periodo preso in considerazione è quello tra la fine degli anni venti e la metà degli anni trenta, ovvero dagli anni del ritorno all’oro della maggior parte dei paesi agli anni in cui Inghilterra e Stati Uniti abbandonano il gold standard. Cabiati pone al centro dell’analisi le azioni e reazioni che avvengono nel sistema economico una volta che esso si è spostato dal suo equilibrio iniziale, secondo la lezione metodologica di Vilfredo Pareto. Diviene quindi preminente la prospettiva dell’equilibrio economico generale su quella dell’equilibrio parziale. Nei lavori che Cabiati dedicò a questo tema, vediamo un economista liberale a confronto con il crollo dell’ordine economico internazionale, che tenta di scoprirne le ragioni e di indicarne le possibili vie d’uscita senza dover abbandonare i principi liberali che avevano permesso l’ascesa e il successo del capitalismo. Del sistema dell’economia liberista il gold standard era per Cabiati una componente essenziale:

«Esso rappresentava il regime del libero scambio, ossia della divisione del lavoro nel mondo, ne costituiva il presupposto, formava uno degli organi vitali e integranti di quella politica economica, che dalla prima metà del secolo XIX in poi [...] trasformò l’economia, da chiusa o semichiusa, in una economia mondiale».

La vastità del commercio mondiale e la precisione dell’indice misuratore, il gold standard, tenevano l’attività mondiale in un equilibrio altamente stabile. Per equilibrio stabile si intende il fatto che, non appena viene modificato in un punto l’equilibrio, si pongono automaticamente in azione quelle forze che tendono a ricostituirlo. L’impegno, credibile, a mantenere la parità dei cambi e a ricostituirla rapidamente qualora fosse venuta meno faceva sì che, da un lato piccole variazioni dei tassi di interesse da parte delle banche centrali permettessero di aggiustare tempestivamente eventuali squilibri attivando i movimenti riequilibratori di capitale, e dall’altro lato che di norma non si creassero conflitti tra obiettivi economici interni e esterni. In questo contesto ai policy makers era sottratta la possibilità di influire sulla quantità di moneta. Dopo la guerra il mantenimento delle parità non fu l’obiettivo prioritario delle banche centrali. Non poté più esserlo almeno inizialmente, nelle condizioni fortemente squilibrate e di generale impoverimento in cui si trovava l’economia europea. Di conseguenza il sistema perse il suo ancoraggio e divennero possibili conflitti tra obiettivi economici interni ed esterni. Ma il «ritorno all’oro», perseguito in modo non coordinato, introdusse nuovi vincoli senza ripristinare le condizioni di funzionamento virtuoso del gold standard: un «gold standard zoppo» lo definì Attilio Cabiati. Al suo interno i movimenti di capitale non svolsero più la loro funzione stabilizzatrice e l’incertezza dominante fece sì che si affermassero le preferenze a mantenere inattive le riserve auree, così perpetuandone la caratteristica di maldistribuzione emersa al termine del conflitto bellico. Inevitabile conseguenza fu l’impulso deflazionistico immanente al sistema, le cui conseguenze politico-sociali furono devastanti. Il persistere della crisi è per Cabiati la conseguenza della mancanza di politiche di cooperazione tra gli Stati davanti ai problemi del dopoguerra, supplite con politiche di «moneta manovrata» a livello nazionale; da dove l’impossibilità del ristabilimento del gold standard – ergo impedito l’operare del meccanismo di aggiustamento, sterilizzando i flussi d’oro. Forse Cabiati sopravalutava i caratteri di autoregolazione e automatismo del gold standard classico e allo stesso tempo sottovalutava le difficoltà economiche, sociali e politiche di un ristabilimento di un sistema monetario internazionale fondato sul libero mercato, come il gold standard era stato. Ma era certamente consapevole che un intervento fondato su una vasta cooperazione tra paesi avrebbe potuto ovviare alle enormi difficoltà della situazione. Egli comprese come la debolezza inglese e l’isolazionismo americano non la resero possibile. A risolvere la grave crisi, e Cabiati lo sottolinea fortemente, sarebbe stato necessario un chiaro disegno strategico. Un accordo internazionale avrebbe dovuto in primo luogo ricostituire i rapporti monetari internazionali, ma sarebbe stato estremamente difficile da attuare. Da cui la preferenza liberista, e la raccomandazione di mantenere una «modesta fiducia nelle capacità delle nostre menti umane».

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