Dossier

Il web 2.0

Condividere e il Creative Commons

Logo di YouTube La possibilità di partecipare alla costruzione dei contenuti del web e delle relazioni tra di essi, porta inevitabilmente ad un processo di condivisione delle informazioni e dei metodi di classificarle.

Un esempio ben rappresentato nel web è quello del social bookmarking, trattato nel paragrafo precedente.

Oltre alla condivisione di strumenti per facilitare l'utilizzo del web, uno degli aspetti maggiormente evidenti nel web 2.0 è la messa in comune di una mole vastissima di fotografie e filmati. I sistemi che hanno favorito questo fenomeno sono diversi e generalmente prevedono l'utilizzo di tecnologie accessibili a tutti, l'uso di sistemi di catalogazione condivisa, la possibilità di commentare e di votare. Ultimo, ma non trascurabile, una valorizzazione del materiale autoprodotto, spesso senza nessuna pretesa di qualità tecnica. Ma la qualità tecnica, nell'era del web2.0, passa in secondo piano: quello che conta sono i significati. Sui quali si basa la critica del popolo web, visto che i filmati più visti e più votati su YouTube spesso sono proprio quelli amatoriali, secondo logiche di valutazione della qualità dei contenuti apparentemente non prevedibili e non legate a codici convenzionali.

Il Creative Commons

Simbolo di Creative Commons Uno dei punti forti dei sistemi di condivisione è quello di fornire la possibilità di caricare il proprio contenuto in un sito, ma poi poterlo usare in posti diversi, semplicemente copiando e incollando un codice. In questo modo, posso caricare su YouTube un filmato che ho registrato, copiare il codice generato in automatico e incollarlo nel mio blog, per mostrarlo ai lettori del mio sito senza dirottarli sul sito di YouTube.

Questo sistema è basato sul fatto che le pagine web sono costitute da asset indipendenti, contrariamente a quanto è avvenuto per un certo periodo, in cui c'è stato il boom della produzione di siti blindati, in cui la grafica era molto accattivante ma non era possibile separare testi e immagini (siti sviluppati interamente con la tecnologia Flash). In questo modo, gli asset possono essere montati e rimontati in altri siti, con una facilità che prima non avevamo a disposizione anche per quanto riguarda filmati e file audio.

Per cui il contenuto diventa un'entità che può essere condivisa da diversi contesti nel web, soprattutto se si ha cura di associare al materiale prodotto licenze che ne permettano l'uso a terzi. Infatti, non solo noi possiamo farlo comparire nel nostro sito, ma possiamo permettere ad altri di usare il nostro filmato all'interno di un proprio blog, magari all'interno di un articolo che lo commenta. In questo modo per il nostro elaborato aumenta la probabilità di essere propagato mediante le logiche del viral marketing.

A questo proposito, siccome ogni materiale pubblicato è, secondo la legge, di proprietà intellettuale di chi lo ha creato e comunicato la prima volta e nessuno può utilizzarlo senza richiedere l'autorizzazione, è stato elaborato un nuovo tipo di licenza: la Creative Commons. In pratica, l'utente che detiene i diritti sul copyright può decidere di indicare esplicitamente se vuole consentire ad altri utenti di usare il proprio materiale e per quali usi questa licenza è valida.

Le Creative Commons nascono negli Stati Uniti, dall'associazione non profit che riporta lo stesso nome. In Italia sono state tradotte e adattate al nostro sistema giuridico da un gruppo di lavoro coordinato dal Marco Ricolfi del Dipartimento di Scienze Giuridiche dell'Università di Torino e, attualmente, il referente per il Creative Commons Italia è il prof. Juan Carlos De Martin del Dipartimento di automatica e Informatica del Politecnico di Torino (fonte: sito Creative Commons Italia).

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