Dossier

L’intrattenimento del futuro

L’intrattenimento del futuro

La tecnologia ha cambiato radicalmente il nostro modo d'intendere l'intrattenimento. Una rivoluzione che ha interessato soprattutto le nostre case, diventate dei veri centri multimediali

L’intrattenimento moderno

Quando la televisione è stata presentata per la prima volta al grande pubblico, il primo commento di un autorevole giornale come il “New York Times” fu quello di ritenere la nuova invenzione del tutto superflua. Il ragionamento era semplice e, visto con l’ottica di allora, anche plausibile. Il commentatore notava che la famiglia americana era troppo attiva, aveva troppi impegni casalinghi per poter rimanere inoperosa per guardare le immagini tramesse da quel tubo catodico. In poche parole, quella nuova diavoleria tecnologica non aveva un grande futuro, molto meglio la radio, che lasciava le persone libere di svolgere le proprie faccende, pur tenendogli compagnia con trasmissioni musicali, piece teatrali o altri programmi d’intrattenimento.

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Le cose, come si sa, sono andate in modo diametralmente opposto e la televisione è diventata sinonimo stesso d’intrattenimento domestico, oggetto immancabile del panorama casalingo, mezzo di comunicazione di massa che più di ogni altro ha modificato i nostri stili di vita, ci ha inchiodati su una poltrona, minando le relazioni sociali e quelle familiari, ma aprendoci anche una finestra sul mondo. La televisione ha fatto fare un salto qualitativo senza precedenti all’intrattenimento, portando per la prima volta all’interno delle mura domestiche lo spettacolo vero: il teatro, il cinema, lo sport e molto altro ancora. Questo convitato di pietra, oltre a rivoluzionare la vita familiare, ha sconvolto anche il mondo dei media. Soprattutto, la televisione ha dimostrato finora una capacità di penetrazione davvero virale, riuscendo a colonizzare ogni casa, ogni salotto del pianeta. Le poche aree ancora non interessate dal fenomeno sono quelle nelle quali le popolazioni conducono un tipo di vita più o meno “primitiva” oppure sono particolarmente indigenti.

Per rendersi conto di quanto la televisione abbia ormai una diffusione più che capillare nel resto del mondo, è sufficiente guardare i dati di penetrazione nei principali paesi industrializzati. Negli Stati Uniti ogni 100 famiglie troviamo 99,5 apparecchi TV. In Arabia Saudita e Taiwan la media è di 99,4; a Hong Kong e in Irlanda 99,2. In Finlandia e Giappone ci sono 99,1 televisori ogni 100 famiglie, in Belgio 99, in Canada 98,7 e in Gran Bretagna 98,6. L’Italia, grande consumatrice di TV, si ferma a 94,8.

La televisione ha fatto, in un qualche senso, da apripista a un modo nuovo di concepire l’intrattenimento casalingo, dando ai singoli individui la possibilità di accedere a una grande quantità di contenuti una volta disponibili solo in apposite strutture: teatri, cinema, sale da concerto, palazzetti dello sport o stadi. Certo, forse il primo mezzo di comunicazione di massa tecnologico ad aver introdotto concetti e stili di vita nuovi è stata la radio, ma non con la stessa potenza rivoluzionaria della televisione. Tanto da aver subito un lungo periodo di crisi dal quale si è ripresa solo in questi ultimi anni.

La televisione a colori: 50 anni per conquistare il mondo

Nel 2004 la televisione a colori ha compiuto il suo cinquantesimo compleanno. Il 25 marzo del 1954, infatti, la società americana Radio Corporation of America, meglio nota sotto l’acronimo di RCS, iniziava a fabbricare le prime televisioni a colori nel suo stabilimento di Bloomington, nell’Indiana. L’apparecchio veniva venduto all’astronomico prezzo di 1.000 dollari, una cifra troppo alta per decretarne il successo commerciale, che infatti tardò ad arrivare. A dire la verità, la tecnologia non era ancora matura e la gamma cromatica di questi primi televisori a colori lasciava molto a desiderare ed era necessario calibrare con estrema precisione le varie manopole per non vedere i visi delle persone di un vivido colore rosso. Ma era la strada giusta e si sarebbe visto col tempo. Gli ingegneri della RCA, d’altronde, avevano lavorato duro nei laboratori di Princeton, nel New Jersey, lungo tutti gli anni Quaranta e i primi anni Cinquanta per arrivare a quel risultato. E nonostante i problemi, per i comuni mortali le prime televisioni a colori sembravano uscite da un film di fantascienza.

Il problema, ovviamente, erano i programmi, ancora quasi totalmente in bianco e nero. La NBC, dieci anni dopo il lancio, trasmetteva ancora solo una quarantina di ore di trasmissioni a colori la settimana e solo nel 1967 le vendite di TV a colori hanno superato quelle degli apparecchi in bianco e nero. Oggi, questo “elettrodomestico” ha letteralmente ipnotizzato il mondo e negli Stati Uniti, dove la teledipendenza è molto forte, le persone passano mediamente più di due mesi l’anno davanti al piccolo schermo e per l’esattezza 1.669 ore, cioè 69,54 giorni.

Frank Vespe, direttore dell’associazione anti televisione TV-Turnoff Network, è stato uno dei pochi a non festeggiare i cinquant’anni della Tv a colori. “La televisione – ha dichiarato nella circostanza – ha soppiantato tutte le altre attività legate al tempo libero”.

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