Dossier

"It's like if": il potere degli exhibit negli science center e nei musei, tra immersione e illusione

Dalla storia ad oggi: dai musei agli Science Center

Siamo nell’immediato dopoguerra, oltreoceano, negli Stati Uniti. La potenza delle bombe atomiche cadute su Hiroshima e Nagasaki ha ammutolito gran parte dell’opinione pubblica mondiale. Al mondo intero è ormai chiaro il potenziale distruttivo dell’uomo che può distruggere se stesso e l’intero pianeta; la scienza e la tecnica che dovrebbero essere al servizio dell’uomo mostrano il loro lato oscuro. La Fisica in particolare, esce sconfitta da questa prova: Enrico Fermi e tutto il folto gruppo di scienziati e di tecnici che hanno fatto parte del progetto Manhattan per la realizzazione tecnico-scientifica della bomba hanno poco da festeggiare proprio a causa della loro bravura; negli anni che seguono molte persone tendono ad accogliere con freddezza ogni iniziativa che abbia a che fare con la scienza. Il progetto Manhattan vedeva coinvolto, tra gli altri, anche il fisico Robert J. Oppenheimer che ha un fratello, Frank, a sua volta fisico.

Questi entra in contatto con Richard Gregory, che nella sua vita si occupa di percezione umana, in occasione di una lettura pubblica immediatamente dopo l’apertura di una specie di museo che si chiama Exploratorium:

Exploratorium esterno "Poco dopo la sua apertura nel 1969 mi capitò di tenere una conferenza sulle illusioni a San Francisco e incontrai così Frank Oppenheimer. Egli era attratto dal tema della percezione e delle illusioni per l'Exploratorium, così mi chiese di progettare esperimenti sul tema della percezione, e di discutere insieme a fondo la filosofia dell'Exploratorium nel suo complesso" (Gregory - 2000, p. 1273).

Ma che cosa ha in mente Oppenheimer? E che cosa vuol essere l’Exploratorium?

"La proposta che Oppenheimer portò a San Francisco era quella di un museo all'interno del quale le persone avrebbero direttamente toccato e manipolato quanto esposto, anzichè ascoltare un racconto. Il pubblico doveva interagire con gli oggetti così come fanno normalmente gli scienziati nei loro laboratori. Il museo doveva insegnare che la scienza si trova ovunque intorno a noi e che la sua comprensione è alla portata di tutti. La scienza doveva essere rimossa dall'esclusivo piedistallo degli scienziati, demistificata, e riportata nella sfera della vita comune. Bisognava convincere il pubblico che "fare scienza" è interessante e può anche essere divertente" (Hein - 1990)

Per questo motivo nascono gli exhibit, (sebbene la parola derivi dal latino exhibitere - tenere, sostenere - ha acquisito il significato di 'mostrare') che diventano lo strumento per realizzare questo rivoluzionario tipo di museo. Nella storia della museologia è curioso notare come strumenti che hanno avuto finalità didattiche nel ‘700 possano in effetti essere considerati exhibit in nuce, anche se non sono riusciti ad accorpare – per una questione temporale – le caratteristiche degli oggetti pensati da Oppenheimer: penso espressamente alle riproduzioni anatomiche dei ceroplasti, in uso nelle scuole di ostetricia; tali oggetti, che riproducevano fedelmente la situazione del parto, permettevano la pratica necessaria alle discenti e venivano realizzati in terracotta (la cera si sarebbe deformata con il calore delle mani). Fino a quando questi hanno avuto un utilizzo non sono finiti nei musei, ma non appena è andata persa la loro finalità principale, sono finiti nei musei (la Specola di Firenze, ma non solo).

Interno Exploratorium Il Museo che non si chiamerà più così ma diventerà Science Center ovvero un luogo in cui – al contrario di quanto accade per i musei tradizionali – il motto sarà «vietato NON toccare», secondo quella che al giorno d’oggi è diventata una vera e propria categoria con cui classifichiamo i musei: hands on, versus hands off, ovvero i musei tradizionali che hanno spesso finalità conservativa e in cui normalmente è consigliato tenere giù le mani e tra il visitatore e l’oggetto c’è un bel vetro.

L’idea di Oppenheimer è stata senz’altro originale e, se lo scopo è stato – anche solo in parte – quello di riavvicinare le persone (soprattutto le giovani generazioni) alla scienza, è senz’altro riuscito: l’idea dell’Exploratorium è stata esportata ed ‘adottata’ in molti luoghi del vecchio e del nuovo continente, mentre l’Exploratorium stesso evolve inglobando oltre agli scienziati, artisti ed artigiani che costruiscono nuovi exhibit, migliorano e curano la manutenzione di quelli esistenti, spesso lasciando aperta la porta di queste aree-laboratorio, inizialmente off limits per il pubblico. Lo stesso Gregory, sulla scorta dell’esperienza fatta con Oppenheimer, inaugurerà dieci anni dopo in Gran Bretagna l’Exploratory, confluito recentemente in @Bristol.

Suggerimenti