Dossier

"It's like if": il potere degli exhibit negli science center e nei musei, tra immersione e illusione

Conclusioni

Essermi dilungato nel racconto della mia esperienza del «Dialogo nel buio» mi serve a riflettere su come possa apparire paradossale la proporzionalità inversa tra la ‘scoppiettante’ e ricca di effetti speciali stimolazione sensoriale in ambiente artificiale e questa, calata nel reale, in cui si sottrae un senso importante come la vista.

Si passa da una realtà addizionata, ‘aumentata’ ad una realtà per sottrazione: se si potesse scrivere una storia degli exhibit, delle esperienze che possono essere fatte in Science Center e musei, allora sarebbe necessario dichiarare anche le finalità che ognuna di queste esperienze deve avere: se il nastro di Möbius serve a capire come si comportano alcuni oggetti bizzarri che hanno una sola faccia scrivendoci delle poesie sopra e la ‘Momentum machine’ a capire una delle leggi fondamentali della Fisica, allora si dovrà specificare anche come la realtà virtuale ci aiuta ad apprendere qualcosa.

Momentum machine Questo qualcosa è ancora molto vincolato all’edutainment, questo acronimo entrato nel linguaggio comune per indicare proprio il territorio di mezzo che sta tra l’educazione (intesa come apprendimento) e l’intrattenimento: quest’ultimo però continua a costituirsi come emozione mediata e di second’ordine. E, per quanto le finalità di «Dialogo nel buio» siano di tutt'altro genere rispetto a quelle descritte per la realtà virtuale, in essa si (ri)trova questa esperienza diretta, bella, che ci arricchisce come individui e forse, nel caso specifico, contribuisce anche a renderci individui migliori.

Desidero ringraziare Francesco De Ceglia, Matteo Merzagora e Paola Rodari per la parte storica sui musei e tanta bibliografia sugli exhibit, Irene Ferrari per alcune precisazioni linguistiche importanti, Elisa Querci e Valeria Romano per le revisioni del testo in inglese.

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