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"It's like if": il potere degli exhibit negli science center e nei musei, tra immersione e illusione

Dal "teatro del mondo" di Ulisse Aldrovandi (1522-1655) al '700

I musei scientifici nascono nel ‘500 come collezioni di oggetti naturali a seguito di esigenze che si fanno col tempo più pressanti e, in particolare:

- la necessità intellettuale di “mettere ordine” nello scompiglio delle gerarchie tassonomiche generato dall’introduzione di nuove specie – soprattutto vegetali – a seguito della scoperta delle americhe;

- il venir meno di un vero e proprio sistema di classificazione1 che, abbandonando il modello medievale, sia in grado di offrire qualcosa di più che una semplice giustapposizione senza un criterio che non sia quello morfologico di eredità aristotelica.

Per analogia è un po’ la transizione che si ha quando si passa dalla raffigurazione pittorica medievale a quella che vede la nascita della prospettiva: non si può più mettere tutto “sullo stesso piano” come negli erbari e bestiari precedenti. Diviene necessario interpretare la natura e il disegno divino e, in tal senso, Aldrovandi2 è tra gli iniziatori di una tradizione che vede l’accumularsi di conoscenze nuove; le ‘stanze’ alle quali dà origine sono disposte secondo un criterio (comune anche alle visioni della natura di Imperato3) per il quale i minerali stanno fisicamente in basso, i vegetali poco più in alto, gli animali ancora sopra, fino ad arrivare agli uccelli e i pesci che spesso occupano i soffitti delle stanze.

Aldrovandi - Monstrum humanum Scopo dei curatori è rendere esplicita la sintassi del mondo; scopo dei visitatori – siano essi studiosi o duchi – sapere come e dove collocare gli oggetti: l’esercizio mnemotecnico, all’apparenza inutile, ha il vantaggio di rendere evidente la struttura soggiacente della natura, specchio divino.

Il termine "museo", che in questo periodo è usato in alternanza a "teatro", ha, in realtà, origini ben più antiche: deriva infatti dal greco antico museion con il preciso significato di “tempio caro alle muse” ed esistevano, in tal senso, musei in Alessandria d’Egitto nel III secolo a.C. che accoglievano religiosi e studiosi. Nel ‘500 il termine viene ripreso perché principalmente nasce come luogo di studio con una precisa valenza tassonomica e didattica.

Successive e in parte parallele sono Kunst- e Wunderkammer che, pur non appartenendo alla tradizione italiana, vengono spesso identificate come origine dei moderni musei. La differenza principale tra i ‘teatri’ italiani e le ‘kammer’ tedesche è nelle finalità: mentre in Italia si tenta di interpretare e ricercare l’ordine divino attraverso la natura4 , nelle kammer tedesche l’obiettivo è quello di stupire con oggetti fantastici.

Note:

1. Si ricorda che Linneo (1707-1778) arriverà ben dopo.

2. Il cui motto era «nullus ordo, nulla cognitio»: senza ordine non vi è possibilità di cognizione e comprensione. Questa visione pervadeva un po’ tutti i campi; basti pensare, per esempio, all’arte dei giardini francesi che prendono spunto da quelli all’italiana. Senza scendere nel dettaglio, anche questo è un modo – forse il principale e quello più ‘visibile’ – di mettere ordine nella natura e, identicamente a quel che accadrà nella istituzione delle kammer (siano esse di matrice laica o religiosa), lo scopo è – grazie alla complessità dell’impianto, alle dimensioni, alla ricchezza dell’insieme – quello di rappresentare la grandezza del sovrano.

3. Ferrante Imperato (1550-1631) allestì un museo naturalistico presso la sua casa di Palazzo Gravina a Napoli che divenne tra i più noti d’Europa e fu visitato da numerosi studiosi. Grazie alla fitta corrispondenza con altri naturalisti europei egli riuscì ad arricchire la collezione mediante scambio di campioni. I numerosi viaggi nell’Italia meridionale gli permisero di raccogliere molti esemplari di vegetali, animali e minerali e di compiere osservazioni su affioramenti geologici, affermando l’importanza delle acque nel modellamento dei rilievi e interpretando con esattezza la salinità del mare

4. Spesso con oggetti che nulla hanno a che fare con la ‘meraviglia’: non c’è intento di stupire perché si arriva da una tradizione, consolidata con S. Agostino, per la quale tutto è meraviglia e manifestazione del divino.

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