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Il palcoscenico della scienza

Il palcoscenico della scienza

Teatro e scienza sono spesso considerati due ambiti del sapere disgiunti e apparentemente inconciliabili, eppure il tema scientifico possiede da sempre un lato "spettacolare" che lo rende curioso e attraente.

"La separazione fra arte e scienza non è solo obiettivamente erronea, ma è anche dannosa se la si prende sul serio. Sottrae alla scienza la forma gradevole (di cui Galileo si preoccupava) e all’arte il contenuto. Non considera come oggetto della fantasia il mondo reale, ma le attribuisce un dominio accuratamente distinto; in questo modo si favorisce quella mancanza di cultura in cui ci si imbatte sempre quando la competenza specifica – il perfetto dominio di strumenti specifici e limitati – prende il posto del tentativo di utilizzare tutti i mezzi immaginabili per la conoscenza e la modificazione della natura e dell’uomo. Dimentichiamo, dunque, tutte queste ingannevoli distinzioni e sfruttiamo tutte le capacità dell’uomo, il suo intelletto, i suoi sentimenti, la sua fantasia; poniamo, a fianco di una oggettività ben padroneggiata, un parlare colorito per creare una conoscenza che sia non solo obiettivamente migliore di quella che abbiamo posseduto finora, ma anche più piacevole…"

Paul Feyerabend, "Teatro come critica ideologica. Osservazioni su Ionesco“

Si sente molto spesso parlare di “teatro scientifico”, in riferimento prevalentemente ad attività rivolte a ragazzi e che hanno come scopo la divulgazione scientifica (musei, science centre), ma anche in riferimento a spettacoli tradizionali a tema scientifico.

Molti e compositi sono gli ambiti in cui la scienza e il teatro possono incontrarsi. Ha dunque senso parlare di teatro scientifico?

Molti studiosi ed esperti di entrambe le discipline hanno tentato di rispondere a questa domanda, proponendo di volta in volta rigorose definizioni per descrivere il "teatro scientifico". Eppure, a un primo sguardo, tale espressone sembra essere inadeguata a rendere la complessità dell'intreccio tra questi due mondi apparentemente incommensurabili.

In un'intervista su questo tema, apparsa sulla rivista online "Erewhon", Giulio Giorello, docente di filosofia della scienza all'Università Statale di Milano, ha fatto notare che la caratteristica di spettacolarizzazione appartiene sia alla scienza che al teatro; infatti, aggiunge Giorello "per capire quanto la scienza sia spettacolobasta andare in un Planetario!".

Giorello ha inoltre ricordato che la parola "teoria" possiede la stessa radice etimologica di "teatro". I due termini hanno infatti la stessa radice greca che significa "osservazione". Dunque entrambe queste discipline poggiano su un elemento, quello della visione, sostanziale per il teatro e pervasivo dell'intera impresa scientifica. Tale elemento, sostanziale nella rappresentazione scenica, fa il suo ingresso nella tradizione scientifica occidentale con il cannocchiale di Galileo che, portandoci "quasi a toccar le stelle", si sostituisce al tatto, elevando la vista a senso predominante nella scienza e gettando così le basi per il metodo scientifico moderno.

Ma c'è un altro aspetto che avvicina la scienza al teatro: la comune dimensione narrativa. La capacità di raccontare storie, elemento fondante del dramma, diviene parte essenziale anche dell'impresa scientifica. Negli ultimi anni ad esempio, le scienze evoluzionistiche e le scienze della mente hanno acquisito modalità espressive più aperte, contestuali e consapevoli dell’irriducibile complessità dei loro oggetti di studio, senza perdere tuttavia in rigore e precisione. E che dire della paleoantropologia, la scienza che studia l'origine della nostra specie, nella quale la dimensione narrativa è un elemento imprescindibile.

Dunque il teatro e la scienza condividono alcuni presupposti fondamentali che hanno consentito loro di incontrarsi su terreni diversi nel corso della storia.

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