Dossier

Le istituzioni della ricerca

Le scienze positive e la ricerca sperimentale

Museo di Anatomia Umana Luigi Rolando Università di Torino- Sale In tutto il continente cominciava a prevalere una nuova figura di professore. Egli non si limitava più solo a formare gli studenti, ma doveva promuovere lo sviluppo scientifico, organizzare la ricerca nei laboratori e nelle biblioteche annesse alla cattedra. A favore di questa trasformazione del vecchio docente nella nuova figura dell’insegnante-ricercatore spirava anche il vento impetuoso di quella rivoluzione connessa all’ideologia positivistica, destinata a incidere profondamente nella cultura subalpina più che in ogni altro angolo della penisola. Nel 1862 il regolamento Matteucci che si poneva il compito di attuare la riforma universitaria prevista dalla legge Casati aprì di fatto la strada all’affermazione delle scienze positive, soprattutto in una Facoltà decisiva come Medicina: il nuovo motore della comunità scientifica subalpina.

Personaggi come l’olandese Jakob Moleschott, titolare della prima cattedra di fisiologia, e il varesino Giulio Bizzozero, professore di Patologia generale allievo di Paolo Mantegazza e fondatore del primo laboratorio di medicina sperimentale in Italia, appoggiarono con vigore l’ordinamento previsto dal regolamento del Matteucci. Esso prevedeva una riforma radicale degli insegnamenti della Facoltà di medicina a favore di una maggiore attenzione alle scienze naturali, la funzione decisiva del laboratorio e della ricerca sperimentale come indispensabile completamento della clinica. Dopo non poche polemiche e lotte intestine all’interno dell’ateneo, contro il carattere prevalentemente pratico e professionale del medico tradizionale, prevalsero le tesi di Moleschott. Alla sua scuola si formarono direttamente studiosi importanti come Luigi Pagliani e Angelo Mosso, così come trassero ispirazione Carlo Giacomini, Domenico Tibone e Carlo Reymond. Alla fine dell’Ottocento la Facoltà di medicina divenne uno dei maggiori centri di ricerca in campo internazionale anche e soprattutto grazie al geniale attivismo del patologo Giulio Bizzozero.

A distanza di un secolo dal primo periodo aureo delle istituzioni scientifiche subalpine una seconda fase di impetuosa crescita prese faticosamente corpo lasciando tracce profonde sino ai giorni nostri. La cultura positivistica e la necessità di superare la crisi d’identità sociale ed economica dovuta alla perdita della funzione di capitale di Torino plasmarono la nuova Università e gli istituti ad essa collegati.

Non v’è dubbio che il culto delle scienze positive, le ricorrenti battaglie per la libertas philosophandi (è del 1864 la conferenza L’uomo e le scimie [sic] del milanese Filippo de Filippi, docente di zoologia nell’ateneo, che aprì in Italia la discussione sul darwinismo) alimentarono il rinnovamento culturale anche in campo umanistico. Nel 1893 nacque il Laboratorio di economia politica fondato dal barese, positivista, laico e liberale Salvatore Cognetti de Martiis rivolto allo studio statistico dei processi economici e industriali. Nel 1882 è la volta dell’Istituto di esercitazioni giuridico–politiche presto trasformatosi in Istituto giuridico, al cui interno studiarono Gaetano Mosca, Luigi Einaudi, Francesco Ruffini e molti altri nomi celebri. La cosiddetta scuola positivistica di Michele Lessona influenzò gli studi di Cesare Lombroso.

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