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Ricerca & sviluppo: l'avanguardia piemontese

Ricerca & sviluppo: l'avanguardia piemontese

L’accordo sperimentale del 4 giugno 2007 tra Ministero dell’Università e della ricerca (Mur), la Regione Piemonte e gli Atenei locali è una novità assoluta nel panorama nazionale. Il commento del ministro Fabio Mussi e il quadro della situazione in Italia e all'estero.

Questo dossier fa parte di una rassegna di progetti innovativi in cui sono impegnati centri di ricerca, sviluppo e formazione avanzata dell'area torinese.

Università degli Studi di Torino L’accordo sperimentale del 4 giugno 2007 tra Ministero dell’Università e della ricerca (Mur), la Regione Piemonte e gli Atenei locali è una novità assoluta nel panorama nazionale, «un modello di riferimento a cui tutte le altre Regioni dovranno guardare per garantirsi una gestione efficiente degli investimenti pubblici e privati in ricerca e sviluppo», commenta il ministro del Mur, Fabio Mussi. In sostanza si tratta di creare un “sistema a rete” in cui governo centrale, Enti pubblici locali, Atenei e imprese private interagiscono in modo serrato, unendo i propri sforzi ed effettuando investimenti comuni sui settori prioritari.

Un modello di sviluppo che ha già portato il Piemonte a registrare tassi di finanziamento alla ricerca pari all’1,6% del Pil regionale (contro l’1,1% della media nazionale) e che punta a crescere al 3% entro il 2011, movimentando complessivamente 3 miliardi di euro fra investimenti pubblici e privati. Merito anche della legge regionale n°4/2006 che ha previsto, oltre a cospicui stanziamenti, anche l’insediamento di una Commissione scientifica composta da 5 scienziati di livello internazionale, che devono valutare l’aspetto scientifico e l’impatto sul sistema produttivo dei progetti di ricerca a cui sono assegnati i finanziamenti pubblici previsti dal programma triennale.

Un laboratorio di microbiologia della Camera di commercio di Torino All’inizio del suo mandato il ministro dell’Economia, Tommaso Padoa-Schioppa, aveva affermato che «la crisi di competitività dell’Italia viene anzitutto da una dinamica insufficiente degli investimenti e dell’innovazione». I numeri, d’altronde, parlano chiaro: come s’è visto il Belpaese investe in ricerca e sviluppo l’1,1 per cento del Pil, a fronte del 1,9 dell’Ue 15, del 3,1 del Giappone e del 2,7 degli Usa (dati Ocse 2006); le esportazioni hi-tech rappresentano appena il 7% dell’export totale, contro il 18% dell’Ue-25 (dati Eurostat 2006); 3 il numero dei ricercatori ogni mille impiegati, contro i 9,6 degli States e i 17,7 della Finlandia (stime Ocse 2006). Un quadro desolante, che rende ancora più sorprendente la situazione di Regioni come il Piemonte, dove i prodotti ad alta tecnologia rappresentano il 13,1% dell’export totale e gli impiegati in R&S sono 18 mila, pari al 4,3 per mille abitanti (dati Camera di Commercio di Torino 2006). Artefici di questo piccolo “miracolo” sono state appunto le istituzioni locali, l’Università, il Politecnico, le fondazioni bancarie e le imprese, che hanno saputo creare sinergie efficaci ponendo le basi di uno sviluppo alternativo alla crisi del vecchio sistema industriale. Dalle auto ai bit, insomma: un modello anche per i protagonisti della scena nazionale.

aula universitaria Tra gli agenti che influenzano la fertilità della ricerca piemontese riveste particolare importanza il fattore umano, cioè la qualità dell’istruzione e della preparazione accademica degli studenti che si offrono al mondo del lavoro. Dal 2003 il numero dei laureati in materie scientifiche e tecnologiche è cresciuto al ritmo del 3-4% l’anno (mentre a livello nazionale si è registrato un calo costante): i diplomati in queste materie sono 12 ogni mille abitanti, a fronte degli 8,3 della media nazionale. Ma per mettere a frutto l’elevata qualità dei giovani laureati in materie scientifiche e, allo stesso tempo, promuovere lo sviluppo economico e sociale del territorio, è indispensabile la presenza di imprese leader nei settori a tecnologia più avanzata. Solo in questo modo è possibile attirare nuovi talenti e nuovi investimenti, cioè creare un circolo virtuoso che promuova la crescita generale.

Politecnico Torino ingresso Fin dal suo insediamento, nel 2005, il rettore del Politecnico di Torino, Francesco Profumo, aveva promesso di impegnarsi per realizzare poli scientifici congiunti fra imprese innovative e Ateneo nella cosiddetta «cittadella politecnica» (uno spazio di oltre 170 mila metri quadrati attualmente in costruzione) e non aveva fatto mistero di puntare a bersagli grossi. Il progetto non è rimasto sulla carta e da allora a Torino hanno trovato sede, oltre al Motorola Technology Center di Torino insediatosi già nel 2000 (dove lavorano 500 persone), un gruppo di studio della General Motors sui motori diesel e un polo di ricerca della Metecno nel campo dell’edilizia. Ultimi, ma non meno importanti, l’accordo raggiunto con Microsoft Research per due progetti di ricerca su informatica e matematica applicate alle neuroscienze, e l’intesa con la Jac, secondo produttore cinese di veicoli commerciali.

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