Dossier

La Psicologia come disciplina in Piemonte

La psicologia a Torino tra Otto e Novecento

Istituto fisiologia Giuseppe Sergi aveva pubblicato nel 1873 i Principi di psicologia, un anno prima dell’uscita dei Fondamenti della psicologia fisiologica di Wilhelm Wundt. E ancor prima, nel 1859, Carlo Cattaneo aveva tenuto presso il Reale Istituto Lombardo di Scienze e Lettere una serie di conferenze dedicate alla «Psicologia delle menti associate». Temi e problemi di carattere psicologico erano presenti fin dal 1858 anche nell’opera di Francesco Bonatelli, venata però da tendenze spiritualistiche. Tuttavia, secondo un’interpretazione diffusa nella storia della psicologia italiana, non sarebbe possibile riscontrare né a Torino né altrove nel nostro paese la presenza di studi ispirati alla psicologia scientifica d’importazione tedesca anteriormente al 1870, anno della pubblicazione di La psicologia come scienza positiva di Roberto Ardigò.

Laureandi di medicina Nell’ambiente subalpino la nuova scienza, che cerca di affrancarsi sia dalla filosofia sia dalla fisiologia, comincia a decollare intorno al 1880. In quegli anni, presso l’Istituto di Fisiologia dell’Università diretto da Angelo Mosso vengono perfezionati e applicati strumenti e tecniche per la registrazione grafica di polso, respiro, temperatura del cervello, pressione sanguigna ecc. che si sarebbero rivelati fondamentali di lì a poco nello studio delle concomitanti fisiologiche dei processi emotivi.

Mosso era tornato in Italia da alcuni anni, dopo aver studiato a Lipsia sotto la guida del fisiologo Carl Ludwig.

Da Ludwig, dal quale aveva appreso metodi e tecniche di misurazione e d’indagine. Anzi, come osservava nel suo lavoro del 1891 dedicato alla fatica, era stato proprio Ludwig a introdurre in fisiologia gli strumenti registratori. E, in seguito, grazie al suo talento meccanico,

Etienne Jules Marey aveva diffuso il metodo grafico nella medicina. Seguendo questa impostazione, Mosso aveva messo a punto diversi strumenti, tra i quali l’ergografo. Mosso con pneumografo L’ergografo mirava a misurare con esattezza, attraverso la registrazione grafica dei movimenti muscolari, il lavoro meccanico dei muscoli umani e le variazioni di volume (in arti e organi) che, per effetto della fatica, potevano instaurarsi nel corso del lavoro muscolare.

Alcuni suoi allievi, quali Mariano Luigi Patrizi, Luigi Luciani e Mario Panizza approfondivano ricerche sui centri motori e sensoriali e applicavano le tecniche ergografiche soprattutto allo studio della forza, della fatica e della stanchezza muscolare.

Ma nel 1883 Mosso aveva pubblicato un libro sulla paura, dedicando un capitolo alla circolazione sanguigna cerebrale in presenza di stati emotivi. Dal punto di vista fisiologico era interessato soprattutto ai mutamenti a carico delle funzioni del cervello a seguito della diminuzione dell’afflusso del sangue. A questo riguardo aveva progettato uno strumento per studiare il movimento del sangue, e lo applicava alla scatola cranica di Michele Bertino, un paziente fuori del comune, che presentava un’apertura larga due centimetri nella regione frontale. Nel corso degli esperimenti, Mosso procedeva a far comprimere le carotidi di Bertino per registrare non soltanto le alterazioni del polso sull’avambraccio, ma anche la perdita di coscienza e le concomitanti fisiologiche alla diminuzione o arresto della circolazione nel cervello. Giungeva così alla conclusione che, per funzionare, quest’organo, più di qualsiasi altro, necessita di un ricambio attivo.

Esperimento Bertino

Quelle del gruppo di Mosso erano comunque ricerche limitate all’ambito della fisiologia del sistema nervoso e muscolare. Nondimeno venivano concepite per verificare una delle principali ipotesi del materialismo di fine secolo, secondo la quale alle fasi più intense delle funzioni psichiche corrisponderebbe nell’organo che è la loro sede un maggiore sviluppo di energie fisiche e specialmente di calore.

Il 1894 segna l’arrivo a Torino di Friedrich Kiesow, un giovane ricercatore di origine polacca, che contribuirà all’emancipazione della psicologia dalla fisiologia. Kiesow era stato allievo e assistente di Wilhelm Wundt a Lipsia, dove si era addottorato in filosofia nel 1894. Veniva inviato a Torino dal maestro per imparare da Mosso, Patrizi e Zaccaria Treves l’uso dell’ergografo e del pletismografo. Il pletismografo era uno strumento che consentiva di determinare le condizioni generali della circolazione sanguigna e le variazioni della pressione.

Da questo momento avrà inizio la collaborazione tra Kiesow e l’Istituto di Fisiologia torinese.

La nascente psicologia subalpina dovrà essere identificata attraverso la sua opera, in un primo tempo d’impostazione spiccatamente fisiologica, successivamente psicofisica. Kiesow non lascerà l’Ateneo piemontese se non per un breve periodo, allorché tra il 1894 e il 1896 farà ritorno a Lipsia per continuare, sotto la guida di Wundt, le misurazioni dei cambiamenti di pressione sanguigna nelle eccitazioni psichiche mediante lo sfigmomanometro, il cui uso aveva appreso a Torino.

Ma ben differenti dovevano essere le condizioni sotto le quali si svolgeva la ricerca psicofisica in Italia e in Germania. Difatti lo stesso Kiesow ebbe modo di osservare che, mentre a Torino queste indagini venivano svolte «non senza difficoltà», in Germania proseguivano invece in condizioni «alquanto differenti». Tornato a Torino, nel 1896 fu nominato secondo assistente presso il laboratorio di Fisiologia e, due anni più tardi, nelle sue numerose pubblicazioni comincia a comparire la dicitura «Assistente dell’Istituto di Fisiologia, sezione di Psicologia Sperimentale».

Grosso modo per dieci anni Kiesow fu il responsabile di quello che a tutti gli effetti può esser considerato il primo laboratorio di psicologia sperimentale. Si trattava di un gabinetto di ricerca ricavato in due stanze dell’Istituto di Fisiologia diretto da Mosso. In questo ambiente si riuniva intorno a Kiesow un gruppo di giovani, tra i quali Luigi Agliardi, Mario Ponzo, Arturo Fontana, Raoul Hahn e Luigi Botti, che erano al tempo stesso sperimentatori e soggetti sperimentali. Interno laboratorio fisiologia

Da parte loro si conducevano esperimenti per determinare la sensibilità dei punti di temperatura, i tempi di reazione delle papille gustative, dei corpuscoli tattili, compresi i peli, o per esaminare le diverse reazioni ai sapori dei sali e delle sostanze alcaline, ma specialmente per calcolare la velocità di propagazione di uno stimolo nei nervi sensoriali umani.

Tracciato della pressione Le registrazioni di questi esperimenti venivano solitamente pubblicate in più lingue: in tedesco nei «Philosophischen Studien» di Wundt, oppure nella «Zeitschrift für Psychologie und Physiologie der Sinnesorgane» di Lipsia, in francese nella rivista fondata da Mosso a Torino («Archives italiennes de biologie») e in italiano sovente nel giornale e nei rendiconti dell’Accademia di Medicina di Torino o dell’Accademia dei Lincei di Roma. Altre ricerche fisiologiche riguardavano la corda del timpano, mentre molte di quelle psicofisiche vertevano sulla cavità boccale: stimolazioni di natura meccanica, elettrica nonché termica venivano effettuate nel cavo orale al fine di determinare la distribuzione di punti tattili e misurarne i valori. Un altro oggetto d’indagine riguardava le sensazioni dolorose e, in particolar modo, la loro «autonomia»: benché fosse provocato da sensazioni di caldo o di freddo, il dolore veniva attribuito a organi speciali, i «corpuscoli sensoriali terminali», che si trovano al di sotto della superficie cutanea, e quindi degli stessi organi di senso. Le sensazioni dolorose erano studiate in parti specifiche del corpo, sulla cornea, nel cavo orale, eccitate con svariati tipi di stimolazione (meccanica, termica ed elettrica). Nello stesso tempo venivano impiegati, ma soprattutto migliorati gli strumenti e le apparecchiature, al fine di evitare gli errori e gli artefatti che parevano inevitabili con i metodi fino ad allora impiegati.

Tracciato Kiesow Se tuttavia si opera un confronto con il tipo d’indagine neurofisiologica condotta altrove, per esempio in Germania, ma soprattutto in Inghilterra a Oxford sotto la guida di Charles Sherrington o con Francis Gotch, o a Cambridge con Keith Lucas e Edgar Adrian, non si può far a meno di notare come a Torino, ma in genere in Italia, gli esperimenti condotti fossero vòlti a ispezionare più gli aspetti esteriori della trasmissione del messaggio nervoso o le modificazioni che avvenivano su pelle, muscoli e nervi sotto stimolazione in soggetti umani che non i meccanismi neurali veri e propri alla base di questi processi, osservati su fasci di fibre sensoriali e/o motorie in animali da laboratorio, quali rane e gatti. E questo aspetto condizionerà fortemente l’impostazione futura degli studi non soltanto psicofisici, ma anche fisiologici, nel nostro paese. Gli stessi strumenti ideati da Mosso e dal suo gruppo erano intesi per misurare modificazioni e variazioni soprattutto esterne del corpo o, se interne, riguardavano fenomeni nel loro insieme quali la circolazione, la pressione o la temperatura.

Non era negli intenti di questi studiosi affrontare i meccanismi cellulari e, in genere, i processi elettrici e chimico-fisici a fondamento di tali fenomeni. Le stesse procedure di quantificazione dei risultati ottenuti o la trasposizione sul piano teorico, sotto forma di leggi o di principi nei quali fosse acquisita la connotazione dell’eccitazione nervosa in termini fisico-chimici, di fatto non erano parte integrante del sistema di ricerca italiano (nel quale pure si erano sviluppate le ricerche di Luigi Galvani e di Alessandro Volta), né rientravano tra gli obiettivi di questi gruppi, non escluso quello torinese. Si trattava di un approccio differente rispetto a quello ispiratore nei laboratori inglesi e tedeschi dove, solo per fare un esempio, con l’elettrometro capillare e un amplificatore a valvole si cercava di rilevare le oscillazioni elettriche della scarica delle fibre sensoriali fino a isolare le risposte di una singola fibra. Soltanto nel periodo fra le due guerre mondiali, in alcuni importanti laboratori annessi a Istituti universitari (in particolare a Pisa), si cercherà di colmare il divario nei confronti della ricerca straniera, e alle nuove leve sarà fatta raccomandazione di completare il corso di studi con un periodo all’estero per impadronirsi delle più aggiornate tecniche di indagine e dei più recenti modelli di ricerca.

Kiesow Nel 1901, Kiesow viene nominato professore incaricato di psicologia sperimentale presso la Facoltà di Medicina e Chirurgia. Anche a Torino, secondo una tendenza che si andava affermando in alcune delle più importanti università italiane, il recentemente istituito insegnamento della psicologia trovava la propria collocazione all’interno di un’altra disciplina. Nel caso specifico torinese, per il momento, si trattava della fisiologia. Altrove le gemmazioni avvenivano nell’ambito dell’anatomia, dell’antropologia o persino della filosofia teoretica.

Ancora alla fine dell’Ottocento, però, a differenza di altre discipline similari (per esempio, fin dalla prima metà del secolo, era stato reso obbligatorio l’insegnamento psichiatrico ed istituita una cattedra di clinica delle malattie mentali a Milano, presso l’Ospedale Maggiore) la psicologia non disponeva di una piena autonomia didattica. Che le cose fossero destinate a cambiare per la giovane scienza era dato a sperare dal momento che, tra il 1882 e il 1889, erano stati concessi, a Firenze e a Roma, appositi fondi per l’acquisizione di strumenti d’indagine psicologica, per l’apertura di un museo e, infine, per l’istituzione di un laboratorio presso la Facoltà di Scienze fisiche, matematiche e naturali.

Dopo alterne vicende, il 5 giugno del 1905 l’allora Ministro della Pubblica Istruzione, il neurologo e psichiatra napoletano Leonardo Bianchi, riuscì a bandire un concorso nazionale per professore straordinario alle tre cattedre di psicologia sperimentale presso le Regie Università di Roma, Torino e Napoli. La commissione giudicatrice (tra i cui membri figuravano Mosso, Enrico Morselli, Camillo Golgi, Eugenio Tanzi e Vittorio Aducco) propose Kiesow per la cattedra torinese. Nel 1906 Kiesow risulterà vincitore del concorso nazionale per la cattedra di Psicologia sperimentale nell’Università di Torino e nell’anno accademico 1906-07 avrà inizio l’insegnamento ufficiale della nuova disciplina.

Nonostante i primi, timidi finanziamenti statali, gli istituti recentemente costituiti versavano per lo più in condizioni precarie, trovandosi in difficoltà quando si trattava di acquistare qualche nuova apparecchiatura.

L’Istituto di psicologia sperimentale creato da Kiesow tuttavia faceva eccezione, in quanto fu presto dotato di una biblioteca in rapida espansione e di apparecchiature scientifiche aggiornate, soprattutto grazie al contributo finanziario della famiglia dell’ingegner Massimo Pellegrini che aveva voluto integrare il fondo statale con la donazione di un capitale di L. 1000 di rendita annua. Fu così creata la fondazione intitolata alla memoria del congiunto Enrico Emilio, «che era stato uno dei primi e appassionati allievi». Ebbe sede in via Po 18, e il suo primo direttore fu proprio Kiesow, che rimase in carica fino agli anni Trenta, con Mario Ponzo come primo assistente volontario.

Nonostante l’accentuato carattere sperimentale impartito alla psicologia torinese dal suo iniziatore, che era stato allievo di Wundt e di Mosso, non deve passare inosservato il fatto che, con l’eccezione dell’Università di Roma, le altre due cattedre, quella torinese e quella napoletana, erano state assegnate alla Facoltà di Lettere e filosofia. Pertanto, anche nell’ateneo piemontese, la psicologia era diventata una disciplina inserita in una facoltà umanistica. Al di là dell’impegno degli psichiatri e degli antropologi, che verso la fine dell’Ottocento avevano sostenuto l’istituzione del nuovo insegnamento (nei rapporti col Ministro della Pubblica Istruzione, fondamentali erano stati i contributi di Giuseppe Sergi e di Paolo Mantegazza), una discrasia segnava quindi la nascita della psicologia in Italia, e specificamente a Torino.

I filosofi ne avevano ottenuto l’inserimento all’interno della propria facoltà, e ora si prodigavano affinché l’insegnamento continuasse a essere impartito quale «esame degli studi di Filosofia», come si legge nell’annuario dell’Università torinese. Eppure di ben altro tono era stato il discorso che nel 1889 il Ministro della P.I. Paolo Boselli aveva rivolto al Re a favore della fondazione del primo istituto di antropologia e psicologia sperimentale nell’Università di Roma. Boselli aveva fatto notare che, per quanto siano oggetto d’indagine dei filosofi, dei fisiologi e patologi e, infine, dei naturalisti, i fenomeni psichici dovrebbero rivestire un carattere altamente diversificato. Grazie all’opera dei fisiologi e dei naturalisti, la psicologia era divenuta un ramo della biologia e doveva assumere il posto che le competeva nell’ambito delle scienze naturali. Inoltre, l’applicazione della matematica doveva servire per completare la descrizione oggettiva dei fenomeni, sottraendoli al punto di vista filosofico, ossia alla «semplice osservazione soggettiva, e come se non avessero alcuna relazione cogli organi della vita». E di queste medesime istanze, nei primi anni del Novecento, si era fatto portavoce anche il successivo ministro della Pubblica Istruzione, il già citato Leonardo Bianchi, fautore della proposta di creare le prime tre cattedre di psicologia sperimentale.

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