Dossier

La Psicologia come disciplina in Piemonte

Gli anni Cinquanta

Verso la fine degli anni Trenta il panorama della psicologia torinese sembrò parzialmente mutare: al 1939 risale il primo incarico dell’insegnamento ufficiale alla Angiola Costa sposata Massucco. Nel decennio tra il ’40 e il ’50 compie studi sia di psicologia dell’età evolutiva sia della percezione. Approfondisce lo sviluppo mentale del bambino e dell’adolescente, nonché altre questioni di psicologia evolutiva, dalla considerazione del linguaggio all’interesse verso «arte, disegno e ricreazione». Si occupa dei fattori dell’ereditarietà e della rappresentazione dello spazio e del tempo nei soggetti ciechi. Nella sezione dedicata alla storia della psicologia nella storia della scienza curata da Nicola Abbagnano, di se stessa la Massucco Costa osserva di essersi orientata verso una psicologia di stampo sociale e socio-culturale, ma anche verso l’operazionismo metodologico. Registro materiale A seguito dell’opera di Percy W. Bridgmann pubblicata nel 1937, questo indirizzo, che attribuiva significato scientifico alle sole operazioni (o azioni sperimentali) in cui si verifica un fenomeno, aveva cominciato a prender piede anche in psicologia, se non altro per il contributo che poteva fornire in vista di un chiarimento dei concetti psicologici e dell’eliminazione dei cosiddetti falsi problemi.

Nel 1950 fece la sua comparsa, in qualità di assistente volontaria, la futura sociologa Anna Anfossi. È tuttavia degno di rilievo il fatto che, finché rimase nella Facoltà di Lettere e filosofia, la Massucco Costa fu soltanto incaricata dell’insegnamento ufficiale, e che la sua carriera accademica poté “decollare” unicamente allorquando, dopo una parentesi cagliaritana, fece ritorno a Torino. Verso la metà degli anni Sessanta, per sua iniziativa, era stato fondato l’Istituto di psicologia sperimentale e sociale nella Facoltà di Magistero. Come si legge nella più recente presentazione dell’attuale Dipartimento di Psicologia dell’Università di Torino, quell’Istituto fu fortemente “voluto” dalla docente torinese, quasi a coronamento di un’intensa attività scientifica e didattica.

Per trovare un professore ordinario di psicologia nella Facoltà di Lettere e filosofia occorre aspettare gli anni Settanta. Del resto la psicologia era sì un «insegnamento del corso di laurea in filosofia», ma si trattava pur sempre di una materia “complementare”. A distanza di un secolo, va riconosciuto che in questo capitolo della storia della psicologia torinese si celano molte delle idiosincrasie tipiche della Facoltà di Lettere. Al di là delle plateali espressioni di riconoscimento del ruolo e dell’importanza del sapere scientifico, i suoi docenti ne paventavano l’intrusione in una facoltà umanistica. A proposito della psicologia, i filosofi condividevano in fondo lo stesso atteggiamento di Wundt, il quale aveva cercato in tutti i modi di riservare l’indagine psicologica ai soli processi sensoriali elementari. A sostegno della loro posizione i filosofi potevano vantare ampie giustificazioni: in fondo, era opinabile che la psicologia potesse rientrare a pieno titolo tra le scienze vere. Infine, se il loro programma mirava a unificare l’intero sapere in una grande sintesi, perché avrebbe dovuto farsene carico proprio la psicologia, la cui natura ibrida era sotto gli occhi di tutti? Divisa tra le velleità di un metodo preso a prestito da altre discipline, e il tentativo ambizioso di applicarlo a un oggetto di dubbia provenienza metafisica, in quegli anni, la psicologia pareva lontana dal conseguire un’identità e una fisionomia ben definite.

Suggerimenti