Materia finita nello spazio infinito
Uno dei più antichi dilemmi della cosmologia è se lo spazio sia finito o infinito. Nel IV a.C. Aristotele riteneva che l'universo fosse finito, limitato dalla sfera delle stelle fisse, mentre gli atomisti greci, poco meno di un secolo prima, avevano sostenuto che lo spazio non ha limiti e che i mondi sono infiniti. Una posizione che ritroviamo in epoche più recenti nel poema di Lucrezio
Per tutto il Medioevo, tuttavia, prevalse l’idea di un cosmo finito e antropocentrico, e fu solo dopo la pubblicazione del
Questa era anche la concezione di Isaac Newton, e questo è il punto di partenza di Poe.
Poe ritiene in realtà che il problema dell'infinito sia razionalmente insolubile, ma gli appare inevitabile considerare lo spazio “indefinitamente” esteso, data l’assurdità di un limite dello spazio: in pratica, ne accetta l'infinità.
Pochi anni dopo la pubblicazione di
Ma questa è solo un’analogia bidimensionale. Come è possibile visualizzare uno spazio tridimensionali con proprietà simili? Anche se quella di Riemann era un’ipotesi rivoluzionaria, impossibile da concepire prima della nascita delle geometrie non euclidee, una tale eventualità sembra aver sfiorato la mente del nostro Giacomo Leopardi, il quale nel 1827, nel suo celebre Zibaldone, scrive:
In realtà, Poe accenna alla possibilità che due rette parallele possano incontrarsi (si veda il primo dossier di questa serie Eureka, la cosmologia letteraria di Edgar Allan Poe), ma nella sua cosmologia la geometria euclidea non è mai posta in discussione, e lo scrittore americano aderisce pienamente alla visione newtoniana che lo spazio e il tempo sono assoluti.
A differenza di Newton, però, Poe si convince che, se lo spazio è infinito, la materia in esso contenuta non può a sua volta estendersi all’infinito: le stelle che noi vediamo devono essere contenute entro un volume sferico finito. Si tratta di una possibilità che Newton aveva scartato, perché la reciproca attrazione gravitazionale fra le stelle avrebbe fatto crollare il sistema su se stesso, con la conseguenza che l’universo non sarebbe né statico né eterno.
D'altronde, Poe sa anche che la legge di gravitazione di Newton non è in grado di descrivere una distribuzione uniforme e infinita di materia; pertanto, sulla base di questa giustificazione fisica e data la sua ripugnanza filosofica nei confronti dell’infinito, conclude che la materia debba avere una distribuzione sferica, uniforme e limitata.
Riferendosi alla distribuzione della materia, egli la chiama