Il Rinascimento: Piero della Francesca e Luca Pacioli
Dopo il periodo buio del Medioevo in Occidente, in cui si perde l’interesse per la ricerca scientifica a favore della magia, dell’occulto e dell’alchimia, è nel Rinascimento che si osserva una rinascita della matematica e, quindi, anche un rinnovato interesse per i poliedri.
A distanza di secoli vengono ripresi i cinque solidi platonici come modello di perfezione geometrica. Nel trattato De quinque corporibus regolaribus Piero della Francesca (1417-1492) osserva come il mondo sia pieno di corpi complessi, senza una particolare forma, ma come ognuno di essi possa essere ricondotto ai cinque poliedri regolari che rappresentano la forma eterna e l’assoluta perfezione.
Da un punto di vista strettamente teorico-matematico l’opera non presenta rilevanti novità: vengono riprese molte costruzioni e proprietà già esposte da Euclide.
La novità è il pubblico cui l’autore indirizza l’opera: non più al “matematico puro”, bensì alla nuova figura di artista rinascimentale, non solo artigiano, ma uomo di cultura, dedito alla scienzia.
Lo scopo del De quinque corporibus regolaribus è dunque fornire una serie di strumenti geometrici indispensabili per la composizione pittorica dell’opera d’arte.
La lingua scelta da Piero della Francesca è il latino, la lingua dei dotti.
Esiste però una versione in volgare dell’opera, a cura di Luca Pacioli (1445-1517), il De divina proportione.
Il titolo incentra l’attenzione su quella proporzione, nota oggi con il nome di sezione aurea, che secondo le parole di Platone:
“dà l’essere formale alla Quintessenza, attraverso la quale Dio conferisce la virtù celeste a tutti gli elementi naturali, fuoco, aria, acqua e terra”.
Pacioli riprende il collegamento fatto da Platone, che aveva associato ad ogni elemento un poliedro regolare, e il concetto che:
“questi cinque corpi sono legati, proportionatili tra loro e circoscritti da una sfera, solo ricorrendo alla Divina Proportione che tra loro li accorda con certa irrazionale sinfonia”.
Anche in questo caso vengono riprese le dimostrazioni di Euclide per cui non possono esistere più di cinque solidi regolari e la costruzione di questi, ma quello che rende l’opera particolarmente importante, è la presenza delle tavole rappresentanti i cinque solidi fatte da Leonardo da Vinci, amico del matematico e grande appassionato della scienza geometrica. Per la prima volta compaiono anche modelli “scheletrici” di poliedri, ovvero la loro rappresentazione mediante spigoli e vertici.