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Ulcere cutanee: Torino all'avanguardia nazionale

Ulcere cutanee: Torino all'avanguardia nazionale

Le lesioni croniche sono uno degli spauracchi maggiori per i medici che magari riescono a risolvere gravi problemi diagnostici o terapeutici, ma poi vengono “puniti” dall’insorgenza del decubito che vanifica tutto il loro lavoro. L’esperienza del dottor Elia Ricci, uno dei massimi esperti italiani in vulnologia.

foglia bucata La pelle è vita. C’è chi ride «a crepapelle», chi si sente «accapponare la pelle», chi è «una pellaccia», chi giura di esserti «amico per la pelle», chi «venderà cara la pelle» e chi riuscirà anche «a portarla a casa». Nel bene o nel male, tutto ciò rivela che anche il sentire comune attribuisce importanza vitale all’involucro che ci riveste.

In termini anatomici e fisiologici, la pelle è un tessuto di circa 2 m², relativamente pesante (15-17 kg), che avvolge completamente il corpo dell’individuo e separa il «dentro» dal «fuori»: una barriera che tiene alla larga veleni e microrganismi, trattiene l’umidità, regola la temperatura interna, partecipa all’eliminazione dei prodotti di rifiuto, protegge dalle radiazioni solari e, grazie alle sue terminazioni nervose, contribuisce a farci reagire all’ambiente in cui viviamo. Per fare tutto questo, la cute deve godere di buona salute: appena si altera, per esempio a causa di un taglio o un’escoriazione, diventa vulnerabile e può lasciar passare agenti pericolosi. Bruciature che coinvolgano più del 20 per cento della superficie corporea (le cosiddette «grandi ustioni») minacciano la stessa sopravvivenza.

In presenza di un danno cutaneo, di norma, il corpo attiva la «cicatrizzazione», il processo riparatore che conduce al ripristino della funzione di barriera che la pelle esercita fisiologicamente. In assenza di complicazioni (es. malattie o infezioni) la cicatrizzazione avviene in quattro fasi successive: infiammatoria, proliferativa, di rimodellamento e di riepitelizzazione. L’intero processo è mediato da sostanze (es. citochine) rilasciate all’interno della ferita da cellule specializzate di diverso tipo.

Negli ultimi anni il problema delle lesioni cutanee ha assunto un’importanza crescente nel mondo occidentale, soprattutto in relazione all’aumento progressivo della popolazione anziana e dunque delle patologie cronico-disabilitanti. Si stima che l’11 per cento dei soggetti ospedalizzati di età superiore ai 65 anni vada incontro a piaghe e ulcere croniche. Nei pazienti ricoverati in istituti di vecchiaia l’incidenza è ancora maggiore, con tassi che arrivano al 25 per cento e indice di mortalità quadruplicato.

Difficile stimare numeri e costi nella popolazione generale. I dati disponibili in letteratura si riferiscono agli Stati Uniti dove ogni anno, a causa delle piaghe (incluse quelle diffusissime per diabete e obesità), si perdono 2 milioni di giornate lavorative e, a seconda delle valutazioni, il costo sanitario oscilla tra 1,68 e 6,8 miliardi di dollari. Senza contare l’aspetto fisico, psicologico e familiare: ferite purulente, cancrene, amputazioni, immobilizzazione hanno un effetto devastante sull’immagine di sé, sull’autostima, sui rapporti familiari e sociali.

anziani panchina Dato il potenziale bacino di utenti, le principali aziende farmaceutiche si sono lanciate in varie ricerche sulla riparazione tissutale, il cui mercato è attualmente di 2,3 miliardi di dollari. L’Italia, che a livello mondiale vanta la più alta età media della popolazione, pare detenga anche il triste primato di malati affetti da ferite croniche. Secondo l’«Osservatorio permanente della terza età» i pazienti sarebbero circa due milioni, per lo più per ulcere da decubito, da diabete o da varici.

Le lesioni croniche sono uno degli spauracchi maggiori per i medici che magari riescono a risolvere gravi problemi diagnostici o terapeutici, ma poi vengono “puniti” dall’insorgenza del decubito che vanifica tutto il loro lavoro. Queste ferite rappresentano anche un grave problema di salute pubblica, fortemente invalidante e di difficile approccio, perché spesso richiedono l’intervento di specialisti di diverse discipline: geriatri, dietologi, infettivologi, chirurghi plastici, internisti, psicologi, fisioterapisti...

L’Associazione italiana ulcere cutanee (Aiuc) è nata nel 1999 con l’’obiettivo prioritario di portare all’attenzione degli operatori sanitari le migliori strategie di trattamento e prevenzione riferite dalla letteratura scientifica. «L’Aiuc», spiega il presidente Alessandro Farris, «intende essere punto di riferimento nazionale per tutti coloro che ogni giorno affrontano la difficile tematica delle ulcere cutanee. Perché, è bene sottolinearlo, la maggior parte delle lesioni possono essere prevenute mettendo in atto semplici accorgimenti».

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