Dossier

La rivoluzione culturale di Enrico Fermi

Fermi all’università: studente-professore

"[...] All'istituto fisico sto a poco a poco diventando l'autorità più influente. Anzi, uno di questi giorni dovrò tenere, davanti a diversi magnati, una conferenza sulla teoria dei quanti, di cui sono sempre un propagandista".

"[...] Io sto facendo il conferenziere, il relativista, il fisico [...] In questi giorni ho avuto un po' da fare perchè ho dovuto scrivere la mia conferenza sulla relatività".

A giudicare da queste lettere all'amico Persico risalenti ai tempi dell'università, le parole di Fermi, come quando i due erano compagni di scuola, non suonano come quelle di uno studente alle prese con lo studio o gli esami. Piuttosto sembra di sentire un esperto ricercatore o un professore. E infatti, autoironia a parte, a 21 anni Fermi è davvero un'autorità in fisica relativistica e quantistica, riconosciuto anche fuori dall'ambiente di Pisa. La laurea in fisica e il diploma della Normale aggiungeranno pochi dettagli alle sue conoscenze già complete, mirate allo stretto necessario per essere in grado di affrontare qualsiasi problema autonomamente.

C'è una certa somiglianza anche tra le impressioni di Persico ai tempi della scuola e quelle del compagno di università, Franco Rasetti, inizialmente iscritto a Ingengeria:

Franco Rasetti da giovane "Dopo l'inizio delle lezioni nell'autunno del 1918 incontrai Enrico Fermi, anche lui studente del primo anno iscritto a fisica e che quindi frequentava molti dei miei corsi. Mi sembrò subito una persona straordinaria per il suo aspetto maturo e per la sua prodigiosa conoscenza e comprensione della matematica e della fisica. Diventammo amici stretti e io imparai da lui [...] molta più fisica di quanto non avessi appreso dai professori. Fu certamente grazie all'influenza di Fermi che presi la decisione, quando ero iscritto al terzo anno, di lasciare ingegneria e di diventare uno studente di fisica".

Ma non si deve pensare a Fermi come a un "secchione" dedito esclusivamente allo studio (anche se, diversamente dall'onnisciente Rasetti, la fisica rimarrà l'unico interesse culturale di Fermi). Assieme al fondatore Rasetti, Fermi è membro della Società Antiprossimo, di cui è facile indovinare gli scopi ... rischiando una volta addirittura l'espulsione. Raramente la moglie di Fermi, Laura Capon, sentirà i due amici raccontare storie di Pisa non legate agli scherzi o alla vita goliardica, ma al solo studio.

Fermi riesce a precorrere i tempi in ogni sua attività scientifica: tutti gli aspetti del grande didatta, caposcuola e inventore di nuovi approcci alla ricerca che avrebbero caratterizzato il Fermi adulto, nonché l'esperienza, sono già presenti nel Fermi universitario, come ricorda ancora Rasetti:

Fermi, Carrara, Rasetti "Alla fine del 1920 alla facoltà di fisica di Pisa furono ammessi tre studenti, Nello Carrara (reduce di guerra), Enrico Fermi e Franco Rasetti. A causa della prima guerra mondiale [...] i tre, che avevano circa venti anni, erano allora gli unici laureandi. Il professor Luigi Puccianti, direttore del laboratorio di fisica, lasciò loro libertà di iniziativa in misura raramente concessa agli studenti in Italia o altrove. Avevano il permesso di utilizzare in ogni momento i laboratori [...] per compiere qualsiasi esperimento. Da quel momento in poi Carrara e Rasetti che [...] avevano riconosciuto l'immensa superiorità di Fermi nelle conoscenze di matematica e fisica, presero a considerarlo loro guida naturale, rivolgendosi a lui, invece che ai professori, per istruzioni e consigli. I tre studenti trascorsero felicemente alcune settimane aprendo gli armadi degli strumenti [...] tentando semplici esperimenti. [...]Fermi stabilì che quello dei raggi X era il campo che offriva le migliori possibilità di ricerche originali, e propose che tutti e tre cominciassero a imparare la tecnica relativa. [...] Il primo compito che Fermi assegnò al gruppo fu quello di realizzare una fotografia di Laue [...] i tre studenti furono elettrizzati dal risultato".

Fermi dev'essere già noto anche a livello internazionale se un suo piccolo saggio del 1923 compare in un libro sulla relatività ristretta, accanto ai contributi di illustri fisici italiani e stranieri. I suoi primi articoli scientifici di rilievo riguardano concetti di relatività ristretta, ma nel 1922 si cimenta anche con la relatività generale, con l'articolo "Sui fenomeni che avvengono in vicinanza di una linea oraria". È l'unico grande lavoro di Fermi nella teoria gravitazionale di Einstein, le coordinate in esso introdotte sono ancora oggi importanti e note come coordinate di Fermi.

Impegnato e piuttosto isolato nei suoi studi relativistici, in una lettera del 1922 a Persico, Fermi ironizza sull'andamento della sua tesi di laurea, vista quasi come una perdita di tempo che lo distoglie dai suoi studi teorici: "Come fisico la mia principale attività consiste nel non far nulla, perchè ho pensato che in fondo la statistica di Boltzmann non esclude in modo assoluto che la mia tesi possa farsi da sé, per movimenti termici [...] Bisogna pure però che un momento o l'altro mi metta a lavorarci sul serio".

Fermi poi è impegnato anche in un altro lavoro teorico (dimostrazione di un teorema di calcolo delle probabilità da applicare al moto delle comete) per la tesi di diploma alla Normale. Potrà apparire strano che questo brillante e promettente teorico scelga una tesi di laurea un po' sottotono rispetto a quel fermento di idee nuove che stavano invadendo la fisica e di cui lui è sempre aggiornato meglio di chiunque altro. La sua tesi di laurea ha infatti carattere sperimentale e riguarda la realizzazione di immagini di sorgenti a raggi X. Ancora lo stesso scarso entusiasmo si nota in un'altra lettera a Persico: "In questi giorni ho avuto e ho parecchio da fare per la mia tesi che, fra parentesi, è venuta una porcheria delle più solenni. Essenzialmente sarà costituita dalle seguenti parti: introduzione con cenno storico e riassunto dello stato attuale della questione; parte teorica [...] sulla riflessione dei raggi X; parte sperimentale consistente nell'ottenere [...] fotografie dell'anticatodo alla Lockyer. Come vedi il programma è molto modesto. In compenso ha il pregio di essere ormai quasi completamente eseguito".

Perchè Fermi, che è in grado di svolgere una tesi su qualunque argomento di fisica, non sceglie la teoria dei quanti o l'amata relatività? Commentando la scelta di Fermi, Rasetti ne chiarisce le ragioni e riassume lo stato della fisica italiana nel primo ventennio del '900:

"A quell'epoca in Italia la fisica teorica non era considerata una disciplina da insegnare nelle università e una tesi in quel campo avrebbe rappresentato uno scandalo almeno per i membri più anziani della facoltà. I fisici erano essenzialmente fisici sperimentali e solo una tesi sperimentale sarebbe stata accettata da loro come una vera tesi di fisica. L'argomento più affine alla fisica teorica, la meccanica razionale, era insegnata dai matematici che la consideravano un settore di matematica applicata, mostrando il più completo disinteresse per le sue implicazioni fisiche. Questo spiega perchè argomenti come la teoria dei quanti non avevano preso piede in Italia: rappresentavano una terra di nessuno fra la fisica e la matematica. Fermi fu il primo a colmare questa lacuna".

L'esame di laurea rappresenta emblematicamente già lo stile del Fermi maturo: semplice ed essenziale, tradisce le aspettative degli amici e dei parenti venuti a sentirlo. Non mostra la sua profonda sapienza in fisica, come aveva fatto all'esame di ammissione alla Normale e durante tutto il corso di laurea. Fermi espone la sua tesi e risponde alle domande, senza sbalordire, e ottenendo un ovvio centodieci e lode.

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