Dossier

La rivoluzione culturale di Enrico Fermi

Fermi e i neutroni lenti

Appena scoperto il neutrone, nel 1932, Fermi e Rasetti iniziano un programma di ricerca in fisica nucleare e, quando nel 1934 i coniugi francesi Frederic Joliot e Irene Curie scoprono la radioattività artificiale, Fermi trova subito il modo di sfruttare il neutrone in fisica sperimentale. I francesi avevano bombardato alcuni elementi leggeri con particelle α (nuclei di Elio) emesse per radioattività naturale. Le emissioni conseguenti al bombardamento avevano il comportamento tipico della radioattività: era, appunto, radioattività artificiale o indotta.

L'intuizione di Fermi è di quelle ovvie, col senno di poi: i neutroni sono particelle neutre, mentre le particelle α sono cariche e nel bombardamento interagiscono con le cariche dei nuclei bersaglio. Se si usassero i neutroni come proiettili, il bombardamento sarebbe senz'altro più efficace. Non sentendo la barriera di carica offerta dal bersaglio, i neutroni possono penetrarvi meglio e indurre la radioattività anche negli elementi pesanti, a cui i francesi avevano dovuto rinunciare. Grazie alle competenze del gruppo, soprattutto di Rasetti, Fermi dispone già di attrezzature per costruire il suo "cannone" a neutroni. I primi esperimenti, per chissà quale errore sistematico, non danno però risultati positivi, e Rasetti accantona momentaneamente le misure andando in vacanza in Marocco. Non così Fermi, che rimane solo a bombardare i vari elementi della tavola periodica. Con ordine e sistematicità giunge al numero 9, il Fluoro, ed ecco apparire una reazione dalla quale emergono degli elettroni. Fermi interpreta tale emissione come decadimento beta: ha prodotto la radioattività artificiale con i neutroni, come aveva previsto. Scrive subito una comunicazione per la rivista "Ricerca Scientifica", nel cui titolo mette il numero "1", consapevole che quello è solo l'inizio di un'epoca d'oro. Richiama Rasetti dal Marocco e chiede la collaborazione dei suoi ex allievi Amaldi e Segrè.

gruppo di via Panisperna A questo punto il gruppo inventa un modo di comunicare i risultati (oggi prassi usuale grazie a internet) del tutto nuovo in Italia: Ginestra Giovene in Amaldi, moglie di Edoardo, lavora alla redazione di "Ricerca Scientifica" e contribuisce alla diffusione nei principali laboratori di fisica di quelli che oggi si chiamerebbero "preprint". Loro forse non se ne rendono conto, ma c'è un'altra prassi oggi normale che stanno introducendo nella ricerca in fisica: il lavoro di equipe. Sono i primi in Italia, tra i primi al mondo, a lavorare in questo modo. Arriveranno a pubblicare una decina di lettere o brevi articoli con i quali aggiornano la comunità scientifica dei loro progressi nell'indurre la radioattività in tutti gli elementi della tavola periodica.

Naturalmente non sono tutte rose e fiori. Nell'estate del 1934, il gruppo inizia a scontrarsi con una serie di difficoltà. Sorgono addirittura delle tensioni quando Fermi rimprovera severamente Amaldi e Segrè per avergli dato per certa l'interpretazione di alcune reazioni che poi non erano più riusciti ad ottenere. La riproducibilità delle misure è uno dei cardini su cui si poggia il metodo sperimentale e uno scienziato corretto e scrupoloso come Fermi non poteva accettare di aver comunicato a un convegno un risultato sbagliato dei "suoi" ragazzi.

Giunti poi all'uranio, l'elemento 92, i ragazzi incorrono in altre incredibili disavventure: prima di tutto non si accorgono di aver realizzato, per primi al mondo, la fissione del nucleo (nonostante le indicazioni della tedesca Ida Noddak). Interpretano poi i prodotti di reazione come risultato della creazione di due elementi nuovi di numero atomico maggiore di 92. Un po' frettolosamente vengono battezzati "transuranici", Corbino annuncia i loro nomi "Ausonio" ed "Esperio", in omaggio ai popoli italici cari al regime fascista. Anche questo scatenerà le ire di Fermi, giustamente diffidente sulla natura dei transuranici (e anche sui nomi!).

Bruno Pontecorvo Il giovane Bruno Pontecorvo, fresco di laurea con Rasetti, viene incaricato di cercare di capire cosa sta accadendo, e di mettere un po' d'ordine nelle misurazioni. Anche Pontecorvo riceve la sua dose di rimproveri per aver "scoperto" che le misure dipendono dal ... tavolo! Proprio così: sui tavoli di marmo la radioattività indotta è diversa da quella che, a parità di altre condizioni, si induce su dei tavoli di legno. Anche Amaldi inizia una serie di misure sistematiche entro certi "castelletti" di piombo. Ma toccerà di nuovo a Fermi risolvere gli enigmi e avviare un nuovo campo della fisica.

Rimasto solo a fare le misure, con gli amici Enrico Persico e Bruno Rossi che osservano, Fermi ha un'intuizione più o meno inconscia: sostituisce un cuneo di piombo, da inserire tra la sorgente di neutroni e il bersaglio, con un pezzo di paraffina (una sostanza ricca di Idrogeno e molto usata in laboratorio).

L'effetto è strabiliante: i contatori Geiger impazziscono, l'induzione di radioattività è enormemente più efficace. Ancora problemi? Ancora incongruenze sperimentali? A Fermi basta la pausa del pranzo per capire che stavolta è tutto a posto: i neutroni filtrati dalla paraffina sono molto più efficaci perché sono rallentati dagli urti con gli atomi di Idrogeno. Hanno quindi più tempo per interagire con i nuclei e generare la radioattività.

L'ipotesi di Fermi verrà confermata ponendo l'apparato in altre sostanze ricche d'Idrogeno, come l'acqua. Una prima rudimentale verifica avviene nell'acqua della vasca dei pesci nel giardino dell'Istituto. Anche il mistero dei tavoli viene spiegato dall'ipotesi di Fermi: alcuni neutroni, prima di raggiungere il bersaglio, dal cannone rimbalzano sul tavolo, dove vengono "intrattenuti" più o meno efficacemente a seconda della presenza di Idrogeno: il legno contiene più Idrogeno del marmo, ecco spiegata la maggiore induzione di radioattività sui tavoli di legno.

Chiacchierando molti anni dopo con l'astrofisico indiano Subramanyan Chandrasekhar sulla psicologia della scoperta, lo stesso Fermi confesserà di non saper bene cosa lo spinse quel 20 ottobre 1934 a prendere quella decisione che gli avrebbe dato il premio Nobel per la fisica nel 1938:

Consegna del premio Nobel a Fermi "Stavamo lavorando molto intensamente sulla radioattività indotta dai neutroni e i risultati che stavamo ottenendo erano incomprensibili. Un giorno, appena arrivato in laboratorio, mi venne in testa che avrei dovuto esaminare l'effetto prodotto da un pezzo di piombo piazzato davanti ai neutroni incidenti. E contrariamente alle mie abitudini, misi un grande impegno nel preparare un pezzo di piombo lavorato con grande precisione. Ero chiaramente insoddisfatto di qualcosa: cercai ogni scusa per tentare di rinviare la disposizione di quel pezzo di piombo al suo posto. Quando finalmente con grande riluttanza stavo per collocarlo, mi dissi: 'No! Non voglio questo pezzo di piombo, ciò che voglio è un pezzo di paraffina'. Andò proprio così, senza nessuna premonizione e nessun precedente ragionamento conscio. Presi immediatamente un pezzo di paraffina che trovai sul momento a portata di mano e lo collocai dove avrebbe dovuto essere disposto il pezzo di piombo".

Recenti studi tendono a ridimensionare la componente casuale della scoperta, collegando l'intuizione di Fermi, certamente inconscia, alla sua partecipazione a dei seminari in cui si parlava diffusamente (con tanto di interventi dello stesso Fermi) degli effetti della paraffina nel rallentamento.

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