Dossier

Cinque tappe nella quarta dimensione: almanaccando sulla quarta dimensione

Cinque tappe nella quarta dimensione: almanaccando sulla quarta dimensione

Un saggio su “La quarta dimensione“ di Rudy Rucker. La quarta dimensione non gode di un'immagine seria, credibile, scientifica. Agli occhi dei più, è relegata in una, più o meno fantasiosa, letteratura di fantascienza, della quale si ama credere che sia rigorosa e fondata ma si sa che così non è.

E allora, la quarta dimensione è roba da trucchi cinematografici e da libri di non sempre alta qualità. Per non parlare poi del nome stesso: la quarta dimensione. E' naturale. Troppo naturale. Eh sì, perché tutti sappiamo che viviamo in uno spazio a tre dimensioni: e se ne aggiungiamo un'altra, questa non può essere che la quarta.

Ma supponiamo di essere immersi da sempre in uno spazio a quattro dimensioni: quale delle quattro è la quarta? Quale viene per ultima? Non c'è dubbio: le prime tre, da qualsiasi dimensione vogliamo iniziare a contare, le pensiamo sempre come altezza, ampiezza e profondità.

altezza e profondita

Già. Partiamo proprio da qui. Dalle classiche e notissime altezza, ampiezza e profondità. Be', siamo proprio sicuri che esista l'altezza, l'ampiezza e la profondità di un oggetto, di un ambiente, di uno spazio? Quando teniamo in mano un parallelepipedo (ad esempio la custodia di un cd), quando guardiamo una sedia o un mobile, non abbiamo grossi dubbi. Anche se, è bene dirlo, anche per un parallelepipedo c'è una certa incertezza: di altezze ne possiamo avere ben tre; e, una volta sceltane una, per ampiezza e profondità abbiamo due distinte possibilità. Tutte queste certezze - o meglio, tutte queste piccole incertezze - ci vengono dal fatto che in modo naturale, consideriamo il parallelepipedo come appoggiato a uno dei suoi lati.

Prima di procedere cerchiamo di capire qual è il ruolo di altezza, ampiezza e profondità. Se vogliamo dire dove si trova un punto del parallelepipedo, le nostre tre dimensioni ci servono a determinarlo esattamente. Se sappiamo che è a un'altezza di tot, vuol dire che tot separa il punto in questione dalla base. Se sappiamo che è a una profondità di tot, allora tot è la distanza del punto dalla faccia che stiamo guardando. E così via.

Vale a dire che altezza, ampiezza e profondità servono a descrivere tutti i punti del parallelepipedo.

Torniamo ora alla determinazione di altezza, ampiezza e profondità, per capire effettivamente chi sono. Ebbene, proviamo ora a prendere la nostra custodia di cd e tenere due dei suoi vertici più lontani tra i nostri due indici. Se teniamo queste due dita l'una sopra l'altra, esattamente sulla stessa verticale, allora è abbastanza naturale che proprio quella diagonale è l'altezza della custodia. Ma quali sono la sua ampiezza e la sua profondità? E cosa succede se ci mettiamo a far ruotare il parallelepipedo? Troviamo una scelta ottimale?

Ecco allora che possiamo trarre una prima conclusione, le nostre tre dimensioni - altezza, ampiezza e profondità - dipendono dal sistema di riferimento che adottiamo; che scegliamo - per qualche motivo - di assumere.

Il mondo, poi, è popolato anche di oggetti che sono molto diversi da parallelepipedi - ad esempio, me che scrivo queste righe e tu che le leggi...- e che di conseguenza non hanno delle scelte privilegiate. Pensiamo di prendere un pallone da calcio. E' evidente che ognuno dei suoi infiniti diametri può essere scelto, con la stessa dignità, come altezza. Quindi, una volta fissatone uno, possiamo sceglierne altri due, perpendicolari tra loro e perpendicolari al primo, come ampiezza e come profondità: e anche questi sono infiniti! Le cose si complicano ulteriormente se, al posto del pallone da calcio, prendiamo una patata, un sasso, una zolla di terra.

Ma allora che cosa sono altezza, ampiezza e profondità? Una risposta operativa può essere: altezza, ampiezza e profondità sono tre numeri (parametri, indicatori, quantità...) che ci dicono quanto e come un certo oggetto occupa lo spazio in cui sta.

Ecco allora che viene meno una proprietà che, a prima vista, sembrava importante. Le tre direzioni che scegliamo per fissare le dimensioni di un oggetto, possono anche non essere tra loro perpendicolari (per un parallelepipedo, ad esempio, funzionano altrettanto bene tre delle sue diagonali). L'unica cosa che importa è che non stiano tutte e tre in uno stesso piano. Altrimenti, di quell'oggetto siamo in grado di descrivere solo una sezione piana e non tutta la sua interezza.

Se abbiamo capito queste prime considerazioni, possiamo provare a capovolgere il nostro punto di vista: quand'è che un oggetto è tridimensionale? A questo punto la risposta è intuitiva: quando abbiamo bisogno di individuare tre direzioni per descrivere tutti i punti del nostro oggetto. E, con maggior precisione, quando due sole direzioni non sono sufficienti a descriverlo.

Ma allora che senso ha parlare di prima, seconda e terza dimensione? Basta dire che un oggetto, uno spazio, un ambiente hanno tre dimensioni. Tutto qui.

E se ragioniamo per analogia, ci sarà chiaro anche che non esiste la quarta dimensione, ma soltanto oggetti che hanno quattro dimensioni. Di questi parla Rudy Rucker nel suo magnifico libro intitolato La quarta dimensione.

Per concludere questa premessa, sgombriamo il campo da un altro malinteso: la quarta dimensione (che, in quanto tale, non esiste!) non è il tempo. Il tempo qui non centra nulla. Le dimensioni di Rucker, come tutte le dimensioni che si rispettino, sono concetti puramente geometrici, che descrivono come le cose stanno nello spazio.

Il tempo è una possibile quarta dimensione, in una geniale e utilissima rappresentazione dei fenomeni che si chiama spaziotempo e che deve la sua celebrità a un signore di nome Albert Einstein. Ma questa è tutta un'altra storia.

Da leggere

Per capire a fondo i riferimenti di Almanaccandosulla quarta dimensione, è sufficiente leggere i due testi ai quali abbiamo costantemente fatto riferimento:

Rudy Rucker,La quarta dimensione, Adelphi, Milano, 1984.

Edwin Abbott Abbott, Flatlandia, Adelphi, Milano, 1966.

Suggerimenti