Dossier

Scienze Botaniche a Torino tra Settecento e Novecento

La Botanica e l’Accademia delle Scienze di Torino nel primo Ottocento

Orto botanico Torino Nel 1801 Giovan Battista Balbis diventa Professore di Botanica e Materia medica e di attività scientifiche di Carlo Allioni non si hanno più notizie. Balbis, Accademico delle Scienze e Accademico di Agricoltura dal 1801, è dal punto di vista scientifico per argomenti di studio l’alter ego del suo maestro Allioni. Differisce però profondamente da lui per stile di vita e posizioni politiche. Allioni è uomo dell’antico regime. Balbis è un uomo nuovo. Medico dell’armata francese, di provata fede repubblicana è uno dei tanti rivoluzionari giacobini che il governo francese pone ai vertici dell’amministrazione piemontese e dell’Ateneo torinese.

L’opera scientifica di Giovan Battista Balbis è encomiabile per la sua capacità di mantenere e sviluppare i legami tra l’Orto Botanico torinese (che diresse dal 1801 al 1814) e le consorelle istituzioni europee, oltre che per la collezione di esemplari d’erbario da lui raccolti (dal più al meno 18.000).

Del pari è importante la sua opera di continuatore della scuola di Carlo Allioni come maestro di Giuseppe Giacinto Moris. Egli però, non disgiunse l’attività scientifica dalla passione e dall’attività politica, come dimostra la sua militanza nelle armate napoleoniche. In definitiva Balbis si comportò da intellettuale organico della rivoluzione francese. Ovviamente questo gli costò alla restaurazione l’allontanamento dalla cattedra e dalla direzione dell’Orto Botanico il che fu senz’altro un danno per le scienze botaniche. Infatti al ritorno di Re Vittorio Emanuele I egli fu radiato anche dall’Accademia delle Scienze e dall’Accademia di Agricoltura. Emigrato in Francia, fu nominato nel 1819 professore di Botanica e direttore dell’Orto Botanico dell’Università di Lione. Mantenne la carica per un decennio. In Francia continuò la sua attività scientifica e politica. Tornò a Torino nel 1830 e vi morì nel 1831.

I Botanici piemontesi dell’Accademia delle Scienze nel XVIII secolo e agli inizi del XIX ci permettono alcune riflessioni sullo «spirito del tempo» (ammettendo che ne esista uno) e sul contributo delle scienze botaniche torinesi al progresso delle scienze naturali e delle loro applicazioni. I botanici dell’Accademia delle Scienze e dell’Ateneo torinese nel XVIII secolo e nei primi anni del XIX dimostrano come esistesse all’epoca un vero e proprio consorzio di scienziati europei che collaborava e comunicava al di là delle frontiere e delle scelte politiche. Gli archivi e gli epistolari di Allioni e di Balbis dimostrano collaborazioni e scambi tra scienziati di ogni paese d’Europa.

I rapporti tra maestri e allievi nell’Ateneo torinese e nell’Accademia delle Scienze sono coerenti con il comportamento verso i colleghi esteri e non sono influenzati dalle rispettive posizioni politiche. Carlo Allioni, ligio alla dinastia sabauda, ha per allievi prediletti il Balbis e il Buniva, giacobini che ricopriranno posizioni politiche di rilievo nel governo provvisorio e nel periodo francese. Il Balbis ha come allievo Giuseppe Giacinto Moris, fedele collaboratore di Carlo Felice.

I risultati di questa politica accademica sono il susseguirsi di botanici che hanno capacità professionali e rinomanza di alto livello e continuano la tradizione della botanica come materia medica dal punto di vista applicativo e come sistematica linneana dal punto di vista teorico. Se l’allievo veramente fedele, per dirla con Nietzsche, è colui che tradisce il maestro, i primi botanici dell’Accademia delle Scienze sono fedeli nella politica e infedeli nella scienza.

Solo in pieno XIX secolo i botanici dell’Accademia delle Scienze e dell’Ateneo si inseriranno a pieno titolo in una corrente innovatrice della botanica. Infatti, soprattutto per l’opera della scuola tedesca, si sviluppa una botanica non catalogatoria, ma sperimentale, volta a comprendere i meccanismi cellulari e chimici che sono alla base del funzionamento dei vegetali.

L’Accademico Giuseppe Giacinto Moris (1796-1869) continuò in pieno XIX secolo la tradizione del XVIII secolo. Ha incarichi scientifici, pubblici e onoreficenze così numerosi che alcuni sono probabilmente dimenticati. Possiamo citare tra i più significativi quelli di Accademico delle Scienze (dal 1829) Vicepresidente dell’Accademia di Agricoltura (dal 1836 al 1838), Vice-Presidente del Consiglio di Istruzione pubblica dal 1859, Senatore del Regno, Grand’Ufficiale all’Ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro e dell’ordine al merito di Savoia. La sua opera di botanico, il cui massimo risultato è la Flora Sardoa (1837-59), fu intrapresa per fornire al Re Carlo Felice informazioni utili per la valorizzazione della Sardegna. Essa dimostra la stretta connessione tra botanica e medicina in quanto fu opera del periodo in cui fu Professore a Cagliari di Clinica Medica. E questa connessione tra botanica e medicina è confermata dalla sua nomina a Professore di Materia Medica e Botanica nell’Università di Torino nel 1832.

Le collezioni del Moris sono di grande rilievo e sono raccolte e studiate nell’Erbario del Dipartimento di Biologia vegetale. Il Moris è un esempio di scienziato di alta rinomanza, il Gioberti lo cita tra gli scienziati italiani più distinti nel suo Primato Civile e Morale degli Italiani. Del pari è un esempio dell’importanza sociale e politica che le Accademie, l’Ateneo torinese e la botanica rivestirono nel Regno di Sardegna prima e nel Regno d’Italia poi. La sua attività continuò per lunghi anni e fu sempre meritoria, morì a Torino nel 1869, ma non fu un innovatore. La «grande tournée de raphale» che inserirà la botanica torinese nella rivoluzione scientifica che trasforma la botanica in scienza sperimentale comincia infatti nell’Ateneo torinese dopo di lui con Giovanni Battista Delponte, Giovanni Arcangeli e Giuseppe Gibelli.

Laboratorio Liebig Nell’Accademia delle Scienze e nell’Accademia di Agricoltura di Torino, sovente concordi nelle scelte dei loro accademici, questa rivoluzione è già cominciata negli anni Venti con il socio straniero Justus Liebig. La rivoluzione scientifica è innescata dai suoi studi applicativi e dalle sue ricerche teoriche. Egli nel 1844 enuncia e dimostra le leggi della nutrizione minerale delle piante, valide ancora oggi.

Con gli anni Quaranta dell’Ottocento la botanica torinese, pur mantenendo le connessioni con la materia e le facoltà mediche, s’avvia sulla strada delle scienze sperimentali che contribuiscono al progresso delle scienze biologiche con conseguenze che si sono protratte fino a oggi. La storia di questa non trascurabile rivoluzione scientifica, fin dai suoi prodromi, è strettamente legata alle due Accademie torinesi e al nostro Ateneo.

Taccuino Delponte A questa rivoluzione scientifica aderisce e contribuisce a Torino Giovan Battista Delponte (1812- 1884) il quale incarna al meglio la fase di transizione tra la botanica «catalogo» e la biologia sperimentale. Fu Socio Ordinario della Regia Accademia delle Scienze, della Regia Accademia di Agricoltura, della Regia Accademia di Medicina e di numerose Accademie italiane e straniere. Collaboratore e successore del Moris fu assistente alla Cattedra di Botanica dal 1839, Professore ordinario di Botanica nell’Ateneo torinese dal 1870. Infatti Giovan Battista Delponte fu a Torino il primo ad affrontare la botanica con tecniche sperimentali rigorose ed è tra i fondatori della Fisiologia vegetale.

L’attività scientifica di Delponte è strettamente legata da una parte alle sue ricerche tradizionali di floristica del territorio piemontese (la sua collezione di esemplari di erbario è ingente) e alle ricerche sulle Alghe, dall’altra all’attività di Direttore dell’Orto Botanico Universitario e dell’Orto Botanico sperimentale della Regia Accademia di Agricoltura. Un Orto Botanico è tradizionalmente luogo di acclimatazione di specie esotiche oltre che di coltura di specie locali, ma l’orto sperimentale dell’Accademia di Agricoltura aveva come fine pratico la sperimentazione di varietà di piante per ottenere prodotti migliori. Il Delponte tra il 1852 e il 1879 affronta all’Orto Botanico dell’Accademia di Agricoltura il problema pratico impiantando una sperimentazione che tiene conto non solo delle variabili climatiche, ma anche delle differenti concimazioni minerali, della disponibilità di acqua, della tessitura del suolo, delle varietà della specie in produzione. Ci troviamo di fronte a veri studi di fisiologia della pianta, i cui risultati sono espressi con tale precisione da assumere un valore predittivo.

A interrompere la serie degli Accademici delle Scienze di Torino succede per un breve periodo a Giovan Battista Delponte sulla cattedra di Botanica Giovanni Arcangeli.

Nato a Firenze nel 1840 e morto a Pisa nel 1821, Giovanni Arcangeli, laureato in Scienze naturali a Pisa, è il primo Botanico «non medico» che ricopre la Cattedra di Botanica dell’Ateneo torinese. Il passaggio di Giovanni Arcangeli a Torino, dal 1879 al 1883 è caratterizzato dall’affermarsi delle scienze botaniche come fusione di anatomia, fisiologia e applicazione e prelude alla vera rivoluzione della Botanica operata da un Accademico delle Scienze educato all’Università di Pavia, Giuseppe Gibelli.

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