Dossier

L'Orientalistica torinese

L'Orientalistica torinese

A Torino gli studi orientalistici, fin dai tempi di Carlo Emanuele I, furono particolarmente vitali: tra di essi grande fortuna ebbero l'indologia e l'egittologia.

Raffigurazione pittorica del Ramayana Nell’Università di Torino gli studi orientalistici ebbero inizio per volontà di Carlo Emanuele I, che aveva fatto raccogliere manoscritti e libri ebraici, siriaci e arabi (primo nucleo della biblioteca ducale che sarebbe diventata Biblioteca Reale). Con la creazione del Regno d’Italia due rami degli studi orientalistici si dimostrarono particolarmente vitali: quello dell’indologia e quello dell’egittologia. L’indologia poté godere di un insegnamento fecondo grazie a Gaspare Gorresio e Giovanni Flechia. L’insegnamento del sanscrito con Italo Pizzi venne affiancato a quello del persiano, mentre la conoscenza della civiltà indiana con Mario Vallauri si estese alla storia del diritto, della politica e delle scienze praticate in India. L’insegnamento dell’egittologia si dimostrò vitale grazie alla presenza a Torino del Museo Egizio e della sua biblioteca. Gli studi delle civiltà di espressione semitica del Vicino Oriente si svilupparono dopo l’unità d’Italia grazie a studiosi che seppero combinare competenze diverse, coltivando l’arabistica a fianco di altre discipline come l’egittologia, l’assiriologia, l’iranistica o l’indologia.

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