Dossier

L'Orientalistica torinese

L’orientalistica torinese dagli anni ’20 del Settecento a metà Ottocento

Vittone e il palazzo dell'Università Nel 1720 il re Vittorio Amedeo II (1666–1732), che aveva fatto riordinare la biblioteca dopo l’assedio francese del 1706, ripristinò l’antica cattedra torinese di Sacra Scrittura con la denominazione di Lingua Ebraica e Sacra Scrittura. La cattedra fu affidata all’abate Giuseppe Pasini, chiamato da Padova. I suoi corsi si tenevano ormai nella nuova sede dell’Università in via Po. Nel 1738 l’insegnamento di Sacra Scrittura fu scisso da quello di Lingua Ebraica, che venne esteso ad altre lingue orientali, in particolare l’arabo. Ebbe l’incarico di Ebraico e Lingue Orientali Amedeo Agnesi di Cuneo. Nel 1766 si laureò a Torino il grande biblista Giambernardo De Rossi (Castelnuovo Canavese, 1742 – Parma 1831), che andò poi a insegnare a Parma, dove fu maestro di Angelo Mai. Del De Rossi fu amico e corrispondente un altro orientalista piemontese (che fu anche matematico e direttore della Specola): l’abate Tommaso Valperga di Caluso (Torino 1737 – ivi 1815), incitatore di Vittorio Alfieri. Dopo il periodo di chiusura dell’Università (1792-1798), fu professore di Lingue Orientali dal 1800 fino al 1814, anno in cui, con la Restaurazione, fu privato della cattedra. Presagio della particolare vocazione di Torino come culla degli studi egittologici è rappresentato dalla grammatica della lingua copta che egli diede alle stampe (Parma 1783) sotto il nome di Didymus Taurinensis. A partire dal 1812 l’insegnamento della lingua e della letteratura greca, che fino ad allora era attribuito alla cattedra di Lingue Orientali, fu reso autonomo e affidato ad Antonio Carlo Boucheron. Questi dal 1814 al 1838 tenne la cattedra di Eloquenza Greca e Latina.

Discepolo di Valperga di Caluso fu l’abate Amedeo Peyron, che gli successe sulla cattedra nel 1815 e che curò l’edizione del catalogo dei libri lasciati dal maestro, libri che comprendevano fra l’altro sei manoscritti arabi. Nel 1819 Peyron fu nominato direttore della Biblioteca Universitaria di Torino e fu incaricato della sistemazione della collezione egizia di Bernardino Drovetti. Nel 1824, anno in cui fu istituito il Museo Egizio, incontrò a Torino Jean-François Champollion, il decifratore del geroglifico egiziano. Nel fervore degli studi egittologici che caratterizzò quel periodo, si riaccese in Peyron l’interesse per il copto che aveva ereditato da Valperga di Caluso. Anche in questo campo l’abate si distinse a livello internazionale come fondatore e teorico della lessicografia copta. Nel 1826 fu nominato rettore dell’Università di Torino.

Accanto al filone degli studi relativi all’antico Vicino Oriente nelle sue espressioni in lingua ebraica, araba e copta, si sviluppa in Piemonte già nella prima metà del XIX secolo un interesse scientifico sempre più vivo per le lingue e la civiltà del subcontinente indiano. Ramayana L’iniziatore di questo secondo filone orientalistico che, come vedremo, ha messo profonde radici nell’Ateneo torinese, fu l’abate Gaspare Gorresio (1808 – 1891). Egli tenne dal 1852 la prima cattedra in Italia di Lingua e Letteratura Sanscrita. Caratteristica dell’indologia torinese da lui fondata fu il suo trascendere la comparazione linguistica indoeuropea, su cui allora si concentrava quasi esclusivamente l’attenzione della maggior parte degli studiosi, per estendersi alla comprensione della civiltà indiana nel suo complesso, ossia nei suoi aspetti storici, religiosi, filosofici, giuridici e antropologici. Contemporaneo di Gorresio fu Giovanni Flechia glottologo e studioso di sanscrito che viene considerato il fondatore della linguistica torinese. Anche per lui l’interesse dominante non fu tanto la ricostruzione di un’ipotetica unità linguistica indoeuropea, quanto piuttosto l’effettiva storia delle lingue.

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