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Le biotecnologie che vengono dal mare

Le biotecnologie che vengono dal mare

Temperatura, pressione, luminosità, salinità, correnti, antagonisti condizionano la sopravvivenza degli organismi marini, stimolandone particolari reazioni del metabolismo. Un recente fronte della ricerca biotecnologica sta esplorando le potenzialità nascoste nei mari e negli oceani, con lo scopo di trarne nuovi rimedi e soluzioni per i problemi di chi vive sulle terre emerse.

Le acque di mari e oceani ricoprono il 70% della superficie terrestre e raggiungono profondità che non hanno corrispettivo nell’elevazione delle montagne, neanche delle più alte. Occupano dunque un volume enorme del pianeta, all’interno del quale milioni di forme di vita hanno sviluppato gli adattamenti necessari per vivere in ambienti molto differenti tra loro e spesso difficili. Acque gelide, acque temperate, tropicali: la vita si trova ovunque nell’immenso serbatoio acqueo presente sulla Terra.

Per la sola Italia e per le nove zone marine in cui sono state suddivise le sue acque l’elenco delle specie animali ammonta ad oltre 8.300, su di un totale di 57.400 specie costituenti l’intera fauna nazionale. Le specie vegetali arrivano a 6.700, con una presenza di alghe che supera i 900 tipi. Anche se l’Italia rappresenta una piccola entità nell’ambito europeo, la sua posizione particolare induce a pensare che gli esemplari siano rappresentativi della gran parte delle forme viventi presenti nel Mediterraneo. Ma il Mar Mediterraneo, pur raccogliendo una bella fetta della biodiversità marina globale (dal 4 al 12%), è, in temini percentuali, poca cosa rispetto ai volumi totali: solo lo 0,8%. Questo ci fornisce un’idea della potenzialità enorme racchiusa nel mezzo acquatico, ancora oggi per la gran parte inesplorata perchè inesplorabile. Grazie però ai progressi scientifici e tecnologici si moltiplicano le iniziative di ricerca europee e mondiali : mari e oceani, fonti di nutrimento e di energia consolidate, promettono molto anche in ambito biotecnologico. Cercando di superare il grande limite operativo e le difficoltà correlate all’ambiente sottomarino, ancora poco adatto a sviluppare scienze e tecnologie che sono nate e progredite sulla terraferma.

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