Dossier

La "clinica" dei capolavori

I laboratori scientifici

CCR laboratorio scientifico I restauratori del Centro lavorano in équipe con chimici, biologi, fisici ed esperti di imaging fotografico, che forniscono loro la consulenza scientifica necessaria per analizzare i vari strati della pittura, togliere le patine di sporco, rafforzare le strutture, scoprire particolari nascosti alla vista…

I laboratori scientifici prestano assistenza sia ai restauratori del Centro sia a quelli esterni (pubblici e privati), inoltre offrono supporti alla didattica per la Scuola di Alta Formazione. Al momento sono attive le aree dedicate alla «diagnostica e caratterizzazione dei materiali» e al «controllo ambientale», mentre è in fase di allestimento quella di «biologia».

A dirigerli è Emilio Mello, chimico, affiancato da Annamaria Giovagnoli, dipendente dell’Istituto Centrale del Restauro e collaboratrice a tempo parziale con il CCR, entrambi con oltre 30 anni di esperienza.

Anche i responsabili dei singoli laboratori lavorano nel settore da oltre dieci anni: Paola Croveri segue il laboratorio di microscopia elettronica, Tommaso Poli quello di spettroscopia nell’infrarosso, Gabriele Piccablotto quello di controllo ambientale. A Marco Nervo, neo-dottorato in fisica, è stata affidato il laboratorio di analisi per fluorescenza dei raggi X.

Con l’aiuto di Poli abbiamo fatto il punto sui principali strumenti in dotazione all’area di diagnostica e caratterizzazione dei materiali:

- STEREOMICROSCOPIO: è lo strumento più semplice; per mezzo di lenti fornisce un’immagine ingrandita del campione, illuminato con luce nell’intervallo spettrale del visibile. L’illuminazione può raggiungere il campione da dietro attraversandolo (luce trasmessa) o esserne riflessa (luce riflessa). Consente di osservare piccoli frammenti di materiale prelevato dall’opera e (ad esempio nel caso di un dipinto su tela, su tavola o su intonaco) individuare la successione degli strati. In quest’ultimo caso i campioni, prelevati dall’opera, vengono inglobati in una resina apposita, sezionati trasversalmente, lucidati e poi osservati al microscopio. Questo tipo di indagine (che produce immagini bidimensionali a colori) consente di valutare quanti strati ci sono e, successivamente, con test microchimici, valutare la composizione esatta di ciascuno.

- MICROSCOPIO MINERO-PETROGRAFICO A LUCE POLARIZZATA. Serve al riconoscimento dei diversi materiali lapidei naturali o artificiali. La luce polarizzata è un raggio luminoso formato da onde i cui piani di vibrazione sono orientati in un’unica direzione (in un raggio di luce normale, invece, le onde oscillano lungo tutti i possibili piani): i campioni, preparati appositamente in sottilissime “fette“, vengono analizzati sfruttando le specifiche proprietà ottiche dei cristalli presenti giungendo a effettuare determinazioni di carattere mineralogico, morfologico e tessiturale.

- MICROSCOPIO AD INFRAROSSI (FT-IR). L’analisi classica prevede che i campioni da analizzare vengano preparati a partire da una piccola quantità di polvere di sostanza ignota, mescolata con un inerte invisibile all’infrarosso come il bromuro di potassio (KBr) e schiacciata in un’apposita pressa: l'ostia sottile così ottenuta viene fatta attraversare da un fascio di raggi infrarossi. CCR laboratorio scientifico2 Lo strumento è quindi in grado di “valutare” la quantità di raggio che riesce ad attraversare il campione alle differenti lunghezze d’onda dell’infrarosso medio. Sul monitor dell’apparecchiatura compaiono spettri a onde che forniscono informazioni sui pigmenti del campione (purtroppo alcuni, come ossidi e solfuri, sono invisibili all'infrarosso e dunque non vengono rilevati) e soprattutto sui “leganti” che tengono assieme i pigmenti (es. olii, colle, tempere d’uovo, resine sintetiche moderne…). Le informazioni ottenute sono molto importanti per definire la tecnica esecutiva e per un individuare eventuali ritocchi o integrazioni rispetto all’originale e decidere di conseguenza come procedere con il restauro.

Lo strumento in dotazione al Centro permette di effettuare le analisi infrarosse anche in differenti modalità, particolarmente adatte allo studio dei manufatti artistici per i quali l’invasività di un campionamento, anche piccolissimo, spesso è un problema. In questo caso il sistema prevede l’impiego di: una cella di diamante (che permette di operare analisi in trasmissione con quantità minime), un microscopio (che permette di effettuare misure in riflessione lavorare con la cella di diamante in punti selezionati di un campione, per esempio singoli strati pittorici) e una testa ATR-Riflettanza Totale Attenuata (che è in grado di analizzare campioni di piccole dimensioni senza alcun pretrattamento). Inoltre il microscopio è dotato di uno speciale rivelatore FPA (Focal Plan Array) che permette di lavorare in modalità imaging fornendo mappe infrarosse con una risoluzione superiore ai 5 micron.

A breve sullo stesso microscopio a infrarossi saranno montate fibre ottiche che produrranno analisi simili, ma lavorando in riflessione. Anche in questo caso si lavorerà direttamente sull'opera, senza passare attraverso i campioni.

- MICROSCOPIO ELETTRONICO. In pratica lo strumento “spara” un fascio di elettroni sulla superficie da analizzare; la superficie emette a sua volta altri elettroni, che vengono raccolti e registrati da un apposito detector: sul monitor compare un’immagine in bianco e nero ricostruita sulla base di quanti elettroni sono emessi nel punto in cui ha colpito il fascio iniziale. L'informazione che si ottiene è di tipo morfologico. Il microscopio è inoltre dotato di microsonda EDS per lo studio semi-quantitativo della composizione elementare. Il microscopio elettronico è molto utile anche per l'analisi di metalli, legni e filati, consentendo, ad esempio, di distinguere lana e cotone. Altra particolarità di questo strumento è la possibilità di lavorare in modalità “environmental”, cioè a pressione quasi atmosferica, utile per lo studio del materiale biologico e di tutti i composti non conduttivi per natura, senza alcun pretrattamento.

- FLUORESCENZA A RAGGI X (XRF). La tecnica di analisi XRF permette il riconoscimento degli elementi atomici presenti nel volume indagato, grazie alla “lettura” della radiazione X caratteristica emessa dagli atomi in risposta a una eccitazione tramite radiazione X proveniente dallo strumento. Fluorescenza a raggi X - analisi L’apparecchiatura lavora direttamente sul manufatto senza alcuna invasività; grazie alla sua portabilità può essere utilizzata anche “in situ”. Lo strumento è particolarmente indicato nello studio dei pigmenti, delle dorature e per l’analisi di leghe metalliche.

Nel prossimo futuro è probabile l’acquisto di un gas cromatografo strumento in grado di identificare le componenti organiche (tipicamente i leganti pittorici) in maniera più precisa e selettiva rispetto a quanto si fa con l’infrarosso.

L’area di biologia, in fase di allestimento, consentirà di stabilire se un’opera presenta un degrado biologico (cioè è stata colpita da funghi, alghe, muffe…), se i microrganismi che l’hanno aggredita sono ancora attivi o meno, e quindi quale tipo di provvedimento prendere. Allo stesso tempo potrà suggerire l’eventuale impiego di batteri specializzati nella pulizia delle superfici (ad esempio di monumenti storici): microrganismi già presenti nell’ambiente e dunque innocui, che hanno un’azione estremamente selettiva perché rimuovono solo ciò che è necessario asportare ed evitano contemporaneamente la dispersione nell’ambiente di sostanze chimiche inquinanti.

CCR laboratorio imaging A livello concettuale fa parte del settore scientifico anche il laboratorio fotografico o di imaging e analisi multispettrali che, sotto la guida di Thierry Radelet, documenta le opere prima di qualsiasi intervento, durante le varie fasi di restauro e, ancora, a lavori conclusi. Le analisi eseguite servono anche a dare una prima indicazione per eventuali indagini invasive, realizzate in seguito nei laboratori scientifici.

Più in dettaglio l’imaging comprende:

- prima del restauro: documentazione fotografica delle opere (es. luce diffusa fronte e retro, luce radente, particolari, macro); analisi non invasive per documentare lo stato di conservazione e la tecnica esecutiva (es. infrarosso, falso-colore, fluorescenza UV, radiografie);

- durante il restauro: documentazione dei tasselli di pulitura, dopo pulitura, dopo stuccatura ed eventuali particolari significativi emersi durante le operazioni di restauro; studio della pulitura e identificazione dei pigmenti eseguendo alcuni particolari a fluorescenza UV;

- dopo il restauro: documentazione a luce diffusa del fronte e retro dell’opera e di alcuni particolari post-intervento; eventuali analisi non invasive volte a sottolineare il risultato estetico.

Tutta la documentazione prodotta viene catalogata e messa a disposizione della Biblioteca, dei laboratori scientifici e di quelli di restauro.

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