Dossier

Inquinamento delle acque e possibili rimedi

Come reagisce l’acqua alle sostanze in eccesso

I 150.000 milioni di metri cubi d’acqua che cadono mediamente sul suolo italiano ogni anno si portano dietro tutto quello che incontrano, particelle disperse sotto varie forme nell’aria, nel suolo e nel sottosuolo.

Salti d’acqua in un torrente L’acqua è dotata, in natura, della capacità di autodepurarsi, perché contiene batteri e microrganismi decompositori che, in presenza di ossigeno, sono in grado di demolire e metabolizzare gli inquinanti di tipo organico (biodegradabili come i residui del cibo, le fibre tessili di origine animale e vegetale, i liquami delle fogne,ecc ), trasformandoli in sostanze che sono utili, in modo diretto o indiretto, alla nutrizione degli organismi acquatici. Per lungo tempo e con carichi inquinanti modesti si è pensato che una simile proprietà applicata alle grandi masse marine, dove avviene una forte diluizione di tutte le sostanze immesse, potesse risolvere i problemi dell’inquinamento.

Purtroppo oggi, con una concentrazione di inquinanti ormai molto elevata, anche dovuta alla inefficace gestione degli impianti di depurazione, sono fortemente impediti gli scambi acqua-aria e l’acqua, non più riossigenata, non è più in grado di autodepurarsi e al contrario favorisce lo sviluppo dei batteri a cui l’ossigeno non serve (anaerobi), che, con le fermentazioni, producono odori sgradevoli. E’anche da ricordare che comunque l’autodepurazione risulta inefficace verso quei contaminanti che non sono biodegradabili (pesticidi, metalli pesanti, materie plastiche, vetro, ecc). Le proprietà fisiche e chimiche dell’acqua fanno sì che le proprie molecole interagiscano con le molecole dei prodotti chimici con cui viene a contatto. Le cariche parzialmente positive dell’idrogeno e parzialmente negative dell’ossigeno della molecola d’acqua esercitano infatti attrazione o repulsione di altre molecole: il risultato è la possibile solubilità di alcuni composti, come i sali, o l’insolubilità, come gli idrocarburi. La permanenza di un composto chimico in acqua dipende anche dalla sua pressione di vapore, ovvero dalla sua tendenza a volatilizzarsi. Incide poi la sua stabilità molecolare, che è fortemente condizionata da fattori come la temperatura, il livello di irraggiamento solare e il pH dell’acqua in cui la sostanza si disperde.

Eutrofizzazione all’estuario di un fiume I detersivi, con la loro tendenza a formare schiume per la presenza di tensioattivi, impediscono il contatto tra aria e acqua, ostacolandone l’ossigenazione, indispensabile per i processi di autodepurazione. Lo stesso genere di problema lo creano oli, grassi e solidi in sospensione, che creano una barriera anche al passaggio della radiazione solare, indispensabile per i processi di fotosintesi clorofilliana. Per quanto riguarda i metalli pesanti, la tendenza è quella a depositarsi sui fondali o ad essere convertiti per processi di degradazione microbica, come nel caso del mercurio inorganico in metil mercurio. In ogni caso gli effetti sono estremamente nocivi sugli ecosistemi e sugli organismi con cui vengono a contatto nella catena alimentare. Per quanto si riferisce agli inquinanti microbici, come quelli presenti nei liquami, urbani o zootecnici, c’è una certa tendenza dell’ambiente acqueo ad eliminarli. Ad esempio per quel che riguarda gli scarichi fognari in mare, i microrganismi fecali tendono naturalmente a scomparire, perché si trovano in un ambiente molto diverso da quello dell’intestino: elevato tenore salino, diverse condizioni di temperatura e pressione, presenza di irraggiamento solare, azione antibiotica esercitata da certi tipi di alghe, presenza di iodio, ecc. La massiccia immissione di scarichi in zone ristrette ovviamente limita o annulla tale potere dell’acqua salina.

Per finire, una curiosità che interessa tutti i bagnanti e dovrebbe indurli ad una maggiore oculatezza nell’uso dei prodotti solari e cosmetici. Una squadra di ricercatori dell'Università Politecnica delle Marche di Ancona (Italia) ha trovato le prove che le creme solari sono responsabili dello sbiancamento dei coralli. La perdita di colore è la conseguenza dell'espulsione, indotta dallo stress, di un'alga unicellulare simbiotica da questi organismi: oltre alla perdita dell’effetto cromatico, il fenomeno ha evidentemente effetti negativi sulla biodiversità e sul funzionamento degli ecosistemi della barriera corallina. Purtroppo l’attività nociva dei composti chimici contenuti nei prodotti solari e simili è già stata dimostrata da precedenti ricerche: producono dei sottoprodotti tossici quando si degradano e negli animali acquatici, nei quali si accumulano, hanno effetti simili a quelli indotti dagli estrogeni.

Per approfondimenti

Piano di tutela delle acque–Stato ambientale dei corpi idrici in Piemonte

http://www.regione.piemonte.it/acqua/pianoditutela/relazione/dwd/a1/capitoli/a1-8.pdf

Sbiancamento coralli http://www.ehponline.org/docs/2008/10966/abstract.html

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