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La lunga strada dei farmaci nel nostro organismo

Il nostro organismo presenta tutta una serie di barriere che un farmaco deve essere capace di superare per raggiungere integro il suo bersaglio. Nel progettare un farmaco quindi occorre elaborare strategie capaci di proteggerlo dai meccanismi di difesa del nostro organismo.

Il cammino di un farmaco all'interno del nostro organismo è estremamente avventuroso, ci sono pareti impermeabili da attraversare, schiere di cellule “killer” nascoste, bande di enzimi, ambienti acidissimi e un feroce sistema immunitario.

Il compito di un medicinale se così lo si può definire è quello di raggiungere la circolazione sanguigna (solo pochissimi sono diretti a un punto preciso del corpo umano) da cui, una volta raggiunta la giusta concentrazione agiscono indistintamente su tutte le cellule dell'organismo e quindi anche su quelle malate.

Per il sangue ci sono essenzialmente due vie d’accesso. La prima è quella naturale ovvero quella delle pillole, sciroppi, aerosol, supposte e pomate che entrano dalla bocca, dal naso, dal retto e dalla pelle. La seconda è quella artificiale che utilizza l’ago per iniettare il medicinale direttamente in vena.

Quest’ultima strada è senza dubbio la più veloce e consente un’immediata diffusione del farmaco a tutto l’organismo, ma purtroppo non è certo una via di somministrazione comoda.

Infatti, se per le iniezioni intramuscolo e sottocutanee ci si può anche arrangiare da soli, per l’iniezione in vena occorre sempre l’intervento di un medico.

Negli ultimi anni, l’industria farmaceutica ha cercato di identificare nuove vie di somministrazione per i medicinali tradizionalmente da iniezione mediante l’uso di gel, pomate o spray nasali.

Infatti, la tendenza della farmacologia moderna è quella di essere il meno invasiva possibile per cui se proprio occorre un’iniezione almeno che il farmaco abbia effetto per tempi non inferiori alle 24 ore.

Ad esempio, per i bambini affetti da Ghd, una patologia dovuta alla mancanza dell’ormone della crescita che causa il nanismo, si è riusciti ad individuare una formulazione dell’ormone tale per cui basta una sola iniezione al mese.

Infatti il farmaco viene in questo caso contenuto in microsfere di polimero che si sciolgono da sole nel sangue liberando il principio attivo per addirittura quattro settimane.

L'ingresso dalla bocca per un farmaco crea molti più problemi. Il percorso ad ostacoli inizia nello stomaco.

Qui l’ambiente è molto acido e solo un medicinale altrettanto acido, come ad esempio l’aspirina che è acido acetilsalicilico, riesce ad uscire dalla parete gastrica ed entrare in circolazione.

A volte però, proprio come nel caso di questo farmaco, un assorbimento più in basso ovvero a livello dell’intestino risulta molto più efficace perché più uniforme (per via delle proprietà intrinseche della parete gastrica) e anche meno pericoloso dal momento che anche l’aspirina, se assorbita in un unico punto, ne danneggia le cellule.

Per questo, molti medicinali vanno assunti dopo i pasti a stomaco pieno, infatti il pasto varia il pH dello stomaco consentendo che il farmaco lo attraversi senza superare la parete gastrica e raggiunga quindi l’intestino da cui viene assorbito molto più efficacemente.

L’intestino è meno acido, ma ricco di enzimi per cui i farmaci proteici, come ad esempio l’isulina che si da ai diabetici, vengono scambiati per cibo ed attaccati da questi stessi enzimi che consentono la digestione dei cibi.

La soluzione usata per risolvere questo problema consiste nell’unire questi a farmaci a quelli che sono definiti “cavalli di Troia” ovvero delle molecole carrier trasportatrici.

Alcune di queste fanno entrare il farmaco dentro le cellule aprendo degli ingressi sulle membrane.

Se ad esempio un farmaco viene legato alla vitamina B12, questo entrerà nelle cellule della parete dell’intestino passando insieme a lei.

Purtroppo non esistono tantissimi di questi carrier per cui se ne usano anche altri che agiscono rendendo inattivo il farmaco e liberandolo solo una volta raggiunta la sua destinazione, cosa che ad esempio sta provando un’industria di New York con l’insulina in pillole.

La medicina, una volta entrata dentro le cellule della parete dell’intestino finisce in quei vasi sanguigni che portano al fegato. Le molteplici reazioni chimiche che avvengono all’interno di quest’organo quali l’idrolisi, le metilazioni e le solfoconiugazioni possono stravolgere completamente la molecola farmaco che abbiamo ingerito.

L’industria farmaceutica ha dovuto elaborare molteplici strategie volte a trasformare l’azione del fegato in un’azione alleata al farmaco.

Per cui al posto di somministrare come farmaco sedativo il tricloroetanolo, si ingerisce dell’idrato di cloralio (utilizzato anche nelle città per uccidere i piccioni) che nel fegato verrà trasformato nel sedativo precedentemente menzionato.

E’ come avere nel fegato un intero laboratorio chimico capace di trasformare l’acetanilide (sostanza derivata da un colorante molto usato nelle concerie) in acetaminofenolo un potente analgesico. Questi farmaci (che in realtà farmaci non sono al momento della loro somministrazione) vengono detti pro-farmaci.

Per quanto riguarda invece gli spray e gli aerosol, questi funzionano sul nostro organismo come il fumo della sigaretta.

Il medicinale passa dagli alveoli polmonari al sangue senza passaggi intermedi, ma il farmaco deve essere una molecola molto piccola per poter penetrare gli alveoli di pochi micron e per resistere ai macrofagi responsabili della difesa del polmone dagli agenti esterni.

Purtroppo se queste molecole sono troppo piccole, oltre a passare inosservate dalle difese immunitarie e ad entrare negli alveoli hanno la tendenza di legarsi alla parete degli alveoli restandone intrappolate e quindi incapaci di passare nel sangue.

La soluzione adottata attualmente è quella di combinare il farmaco a particelle più grandi da cui si separano una volta nel sangue sia capaci di eludere il sistema immunitario dell’organismo.

La farmacologia odierna sta puntando molto sulla genetica per cui si cerca di sostituire un farmaco costituito da una proteina o comunque una molecola che funziona da principio attivo con un gene capace nell’organismo di risolvere la patologia.

A questo scopo si studiano geni responsabili, perché mutati o del tutto assenti, di causare una patologia come ad esempio avviene per il gene della distrofina che causa, se alterato, la sindrome di Deuchenne. Questo con l'obiettivo di somministrare al paziente un gene analogo ma sano e quindi capace di ripristinare una condizione non patologica nell'individuo.

Per reintegrare il gene sano nell’individuo tra le possibilità la scelta è caduta sull’uso di virus in particolare di un retrovirus che proprio per definizione ha la capacità di veicolare acidi nucleici nelle cellule umane.

Attualmente ci sono diversi protocolli per questi farmaci in fasi differenti di sperimentazione e chissà che nel futuro non si riesca davvero a curare patologie gravi con questo metodo.

Ulteriori informazioni si possono ritrovare a questi indirizzi:

www.farmaci.net

Portale dedicato al mondo dei medicinali.

www.youngdoctors.com

Informazioni sulla farmacodimanica ovvero sul movimento dei farmaci nell’organismo.

www.farmacionline.net

Novità da mondo della farmacologia.

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